CATANIA – Il vistoso fazzoletto di seta nel taschino della giacca, è stato il segno distintivo della sua superba movenza negli anni della Catania ubriaca di zammù. Umberto Scapagnini è stato interprete di prima fila del teatro cittadino all’arrivo del nuovo secolo, appendice consunta di quello che si era concluso, della Catania che da un decennio si faceva bere fino a stordirsi col fuoco amico del Capodanno in piazza, ma elegantemente in doppiopetto.
E insieme al nostro Napoletano in questi giorni se n’e’ andato all’altro mondo, anche quel tempo vecchio che sembrava immortale. Quello dei ricevimenti per beneficenza coi camerieri in livrea; delle sgommate delle auto blu con scorta al seguito; di piazze e rotonde contrapposte ai fiori, divisa anche nel calcio tra Atletisti e Catania46; dei sorrisi a comando di telecamera e degli inavvicinabili capoccia della politica e dell’imprenditoria. Umbertino che se n’e’ andato in questi giorni di incerta Primavera ha fatto correre il pensiero ai salotti delle signore bene che ora temono la scadenza delle rate del mutuo da pagare; alla piccola borghesia con l’azienda di famiglia che ha portato i libri in tribunale; ai salti mortali dell’impiegato per mantenere fuori sede il figlio trentenne ancora universitario. Un altro tempo, un altro mondo, dove c’è ben poco da sorridere perché la lotta è per sopravvivere. Al bel tempo andato non c’era la Crisi.
Gli anni della raggiante Catania di fine novecento con l’appendice del nuovo secolo, sono stati quelli dei ricchi premi e cotillons, delle spese a pagherò. E intanto il mondo cambiava, ma nessuno ci pensava. Cantava e suonava beata Catania, pomposa Seattle del Sud di quegli anni, chiudeva gli occhi inebriata per non pensare al domani. Ai ragazzi che oggi hanno venticinque anni e che non capiscono perché si continui a parlare del tempo di quando loro avevano sei o sette anni. Di quando i social media non esistevano e invece c’era ancora il posto fisso, la partecipata comunale, l’amico ministro che pure davano illusorie speranze. Un altro mondo, insomma che nulla spartisce con l’asprezza di questo nostro tempo, pieno di debiti, tagli, incertezze e civico grillismo.
Questo nuovo tempo amaro e senza sorrisi, non apparteneva a Sciampagnino. E infatti Umbertino ha tolto il disturbo, con leggerezza cosmopolita e l’eleganza di chi si è esibito nei migliori teatri del mondo e rifiuta le spoglie salette di periferia. Da uomo di mondo ben sapeva quanto è dura per gli attori interpretare le repliche. Umberto si è allontanato da questo mondo e ha avuto la sfrontatezza di tirare giù il sipario di un altro mondo di fazzoletti di seta pura e basso doppiopetto. ll Prof. Scapagnini che non è mai stato brodoso replicante, sapeva che il suo posto non era più in quello di oggi.