Scontro Crocetta-Ardizzone | Poi si abbracciano - Live Sicilia

Scontro Crocetta-Ardizzone | Poi si abbracciano

La cronaca dello scontro fra il presidente della Regione Rosario Crocetta e il presidente dell'Ars Giovanni Ardizzone ha infiammato l'iter già infuocato dei lavora parlamentari. Ecco cosa è successo.

PALERMO- Se le sono date, come ci ha raccontato in diretta Accursio Sabella. Si sono accapigliati. Alla fine hanno fatto pace. E’ bastato un abbraccio. La cronaca dello scontro fra il presidente della Regione Rosario Crocetta e il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone ha infiammato l’iter già infuocato dei lavori parlamentari. Tutto ha inizio quando Ardizzone puntualizza l’esclusiva competenza della presidenza dell’Ars sulla valutazione e l’ammissibilità degli emendamenti aggiuntivi alla finanziaria che stavano, invece, per finire in un maxiemendamento del governo. “Non decidono i capigruppo e neppure il governo, ma a decidere è questa Presidenza, che non ha presentato nessun articolo e nessun emendamento. Mi risulta che ci sia una trattativa sulla tabella H e mi risulta inoltre, e sono convinto che sia così, che il presidente Crocetta non abbia partecipato a questa trattativa”. Crocetta: “Io intervengo nella qualità di parlamentare”. Ardizzone, lievemente indispettito: “Lei è il presidente della Regione”. Crocetta, allegro ma non troppo: “Io intervengo da parlamentare e non è certo proibito dalla legge effettuare riunioni da parlamentare”. Ardizzone (crescendo rossiniano): “Le riunioni si possono fare ma non dalle sette alle undici e mezzo di sera, è da dieci anni che va avanti questo andazzo”. Crocetta, proprio urlando: “Le trattative si possono fare da qui a domani mattina e all’infinito”. Sospesa la seduta. Subito dopo, il governatore ai cronisti, con le gote imporporate: “Ho subito un attacco politico da parte del presidente dell’Ars. Evidentemente di concerto con Musumeci. Qualcuno dovrà chiedermi scusa pubblicamente”.

Come è finita? Sfida a duello dietro Palazzo d’Orleans, con i celebri uccelli a fare da padrini? Macché. Si sono rivisti per la ‘paciata’.  “Siamo in perfetta sintonia” (Ardizzone). “Si è trattato solo di un equivoco su una riunione cui non ho partecipato” (Crocetta). Abbraccio è la frase conclusiva: “Vedete, tutto ok?”. E la circostanza che non si siano presi a cazzotti è stata salutata come un sintomo di riconiciliazione avvenuta.

E’ sempre stato così. La politica ti costringe (non nel caso in specie, per carità) a prendere il caffè con persone che garroteresti volentieri. O, comunque, a dissimulare. I più vecchi ricorderanno l’epoca in cui Andreotti al cospetto delle sfuriate terribili del dippino Mario Capanna rispose: “Lei mi sta dando qualche guaio”, con voce sottile e flautata. E lo stesso Divo Giiulio, al massimo della sua collera, sibilò: “Se mi fanno arrabbiare, comincio a dare qualche calcio negli stinchi”, che era la massima espressione consentita al furore andreottiano. Una volta, Forattini disegnò la seguente vignetta. Due onorevoli che si menavano e un terzo travolto, scarmigliato, con gli occhiali rotti, che ansimava: “Dissidio? Quale dissidio?”. L’ipocrisia sana è consustanziale alla politica. Ora come allora. Ai tempi di Giulio e ai tempi di Saro. Scelga il lettore se esecrare quel passato. Oppure rimpiangerlo.


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