"Scuola e formazione, più impresa| per non perdere i nostri giovani" - Live Sicilia

“Scuola e formazione, più impresa| per non perdere i nostri giovani”

Intervista a Roberto Lagalla. "Entro fine anno un bando: l'azienda dovrà assumere il 30 per cento delle persone formate".

L'intervista
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3 min di lettura

Roberto Lagalla, assessore regionale alla Formazione e all’Istruzione, la Sicilia continua a svuotarsi di giovani. Aumentano i siciliani che si trasferiscono all’estero. E i piccoli comuni si svuotano. Si comincia finalmente a mettere a fuoco la portata di questa emergenza?

“Il trend dura ormai da tanti anni. E certamente è una delle cause principali di un impoverimento culturale e qualitativo straordinario. In realtà noi tendiamo a perdere quelli che hanno concluso percorsi formativi. Il nostro sistema di formazione e di istruzione resta assolto, visto che i siciliani in altri Paesi vanno ad affermarsi”.

Il problema è proprio questo, che si affermano altrove.

“Sì, il secondo e più importante tema è che la mobilità giovanile è una caratteristica imprescindibile della globalizzazione. La regione Lombardia ha il maggior numero di esodi giovanili. La criticità vera è che noi non abbiamo un ricambio. Mentre la Lombardia viene compensata dall’arrivo dei nostri giovani, la Sicilia e tutto il Sud non hanno questo recupero”.

Le prospettive di lavoro non lo consentono.

“La capacità di assorbimento occupazionale in impresa è estremamente limitata. Se noi non saremo capaci di attrarre gli investimenti per migliorare la capacità complessiva della regione, è chiaro che le regioni del Sud resteranno marginalizzate. Il tema ha come sfondo l’irrisolta questione meridionale. Ma a noi spetta attrezzare i giovani in una chiave competitiva”.

E chi deve attrarre questi investimenti?

“Serve una strategia dello sviluppo territoriale”.

Ma è una cosa che la Regione può fare da sola?

“No, riguarda l’Europa, lo Stato ma anche la finalizzazione utile dei finanziamenti europei. Infrastrutturazione, innovazione e attrazione degli investimenti, questi sono i tre momenti per lo sviluppo possibile. Noi abbiamo un’emorragia di competenze. Al tempo stesso abbiamo una difficoltà oggettiva a mettere insieme il fabbisogno delle imprese con la tipologia della formazione dei nostri giovani. Occorre cambiare il trend anche dei modelli formativi”.

Come? Lo state facendo?

“È il nostro obiettivo. Creare competenze che possano rispondere alle esigenze di impresa e di innovazione del lavoro. Stiamo cercando di porci il problema fondamentale della dispersione scolastica. E quindi anticipazione della scolarizzazione e sperimentazione del tempo pieno per incrementarlo a regime. Poi lavoriamo sui saperi trasversali, il sapere digitale e il sapere linguistico. Stiamo lavorando al potenziamento della scuola digitale. E poi, la scuola deve impegnarsi sul saper essere e saper fare: stiamo lavorando a un rapporto più diretto tra impresa e scuola”.

E come si collegano questi due mondi?

“Con il potenziamento della formazione professionale in obbligo scolastico, con l’apprendistato. E poi abbiamo varato l’impresa didattica, in modo tale che l’attività di impresa possa iniziare dalla scuola. E abbiamo potenziato gli Its, istituti tecnici superiori post diploma, che hanno un assorbimento occupazione dell’80 per cento. Ne avevamo cinque in Sicilia e ora sono in fase di attivazione altre sette fondazioni Its. Purtroppo sono poco frequentate ma quelli che le frequentano trovano lavoro. E poi stiamo cercando di sostenere la ricerca e l’innovazione nelle università e nelle imprese”.

E invece, sul fronte della formazione professionale? C’è speranza che possa cominciare a servire a trovare lavoro?

“Fin qui ha prodotto risultati poco soddisfacenti dal punto di vista dell’occupazione. Pubblicheremo prima della fine dell’anno un bando che mette il progetto formativo in capo all’impresa. Che si impegna però ad assumere almeno il 30 per cento del personale formato, entro dodici mesi”.


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