PALERMO – Vita dura per le ordinanze dei sindaci che hanno imposto la chiusura delle scuole per il pericolo Covid. Un gruppo di cittadini palermitani, tra i quali diversi avvocati e magistrati, ha impugnato davanti al Tar di Palermo le ordinanze con cui i sindaci del capoluogo siciliano e di Agrigento hanno disposto la chiusura delle scuole in contrasto con le indicazioni del governo.
I ricorrenti, rappresentati dall’avvocato Fabrizio Dioguardi, sostengono innanzitutto che il decreto legge con cui l’esecutivo il 7 gennaio ha disciplinato l’attività scolastica in tempo di pandemia al fine di “prevenire il contagio” e di garantire la scuola “in presenza” “esclude che possa restare spazio per l’emanazione di ordinanze contingibili che vengano a regolare diversamente i medesimi settori di attività e che – stante la loro astratta natura ‘contingibile’ – presuppongono che non sia possibile individuare una diversa ‘regola’ della fattispecie”.
“Le ordinanze emergenziali – si legge nel ricorso – si giustificano nell’ordinamento solo ove ricorra, oltre all’urgenza, la mancanza di altra regola che abbia previsto la fattispecie e l’abbia regolata”. “Non residua spazio alcuno per disciplinare diversamente l’attività scolastica in stato di emergenza sanitaria, in quanto interamente e minutamente regolata dalle disposizioni di rango primario, tenuto conto che la scelta del livello di tutela dell’interesse primario alla salute, individuale e collettiva, e il punto di equilibrio del bilanciamento tra diversi valori è già stata operata, appunto, a livello di normazione primaria, dal legislatore nazionale, che ha operato una scelta libera ad esso rimessa e insindacabile dal giudice”, spiega il ricorso.
Per i ricorrenti inoltre il provvedimento amministrativo dei sindaci è illegittimo perché la legge nazionale dispone la chiusura delle scuole solo in zone rosse o arancioni e previo parere dell’ASP. E la Sicilia al momento non è classificata zona rossa o arancione. Infine, si legge nel ricorso “non risulta siano state assunte misure restrittive di altre attività (con l’assurda possibilità che i ragazzi possano comunque incontrarsi fuori dall’ambiente scolastico, anche in strutture pubbliche di proprietà comunale, e contagiarsi egualmente)”. “Le rappresentate difficoltà del sistema sanitario, – conclude l’impugnazione che chiede la sospensione delle ordinanze – lungi dal giustificare l’adozione della misura sospensiva, dimostrano piuttosto la carente previsione di adeguate misure preordinate a scongiurare il rischio, ampiamente prevedibile, di ‘collasso’ anche sul sistema dei trasporti, con la conseguente confermata impossibilità di qualificare ‘contingibile’ una misura dichiaratamente volta ad evitare un pericolo ampiamente prevedibile solo a voler considerare il recente passato”.