“Sì, guarda, sto passando proprio ora con la macchina dal posto dell’incidente. Che strazio, che pena. E se penso a quello che l’ha investita. L’ergastolo gli devono dare e devono buttare la chiave. Aspè, che faccio una foto allo striscione per Tania. E che cacchio ci suoni!!!! Passa!!!”.
“Scusa, era il solito cafone. Ora uno manco si può fermare un minutino… La freccia? Sì, gli indiani… Ah, ah ah…. Povera ragazza. Ho letto su LiveSicilia che il fidanzato l’ha vestita con l’abito bianco nel giorno del funerale. Mischino. Un attimo che scatto e riparto”.
“Cornuto!!! No, non dicevo a te, uno mi stava prendendo di petto. Niente, non si può vivere più così. Tutti che pretendono. L’altra volta, per esempio, ho messo un minutino la macchina sul passaggio dei disabili. Arriva un tizio in carrozzina e si lamenta. Gli ho detto: ma che, neanche il caffè ci possiamo pigliare in santa pace!!!??? Ringrazia Dio che sei in carrozzina. Siete disabili e volete tutti i diritti e pure i posti gratis”.
“No, certo, io li rispetto i disabili. Ma loro non è che se ne devono approfittare… Appunto. E poi ‘ste mamme col passeggino. E i ciclisti. I ciclistiiii! Un giorno di questi ne prendo uno di petto e vediamo”.
“Mischina quella ragazza, come si chiamava? Ah sì, Tania. Ho provato una pena e poi quello che l’ha ammazzata perché parlava col telefonino, guidando; assassino! Come dici? Pure io parlo mentre guido? Ma che c’entra, io sto attento. Azz, ci sono i vigili. Chiudo”.
Questa conversazione dalle parti della strada in cui è morta la giovane Tania Valguarnera non è stata mai ascoltata, né, forse, pronunciata. Ma ci è venuto di immaginarla così.