Senzacasa, scontro Orlando-Romeo| E il sindaco scrive a Papa Francesco - Live Sicilia

Senzacasa, scontro Orlando-Romeo| E il sindaco scrive a Papa Francesco

Il Professore lo scorso novembre ha inviato una missiva indirizzata a Roma: "Dalla Chiesa palermitana gesti e comportamenti lontani da quelli del Pontefice e che lasciano ferite nei fedeli".

PALERMO – Una lettera diretta a Papa Francesco in persona, ma per lamentarsi di chi guida la chiesa palermitana e del suo atteggiamento verso i senzacasa. Scritta sì dal sindaco Leoluca Orlando, ma inviata nel novembre scorso e che solo oggi viene alla luce, dopo che l’emergenza è passata in secondo piano e nel bel mezzo della corsa alla successione per la cattedra di San Mamiliano.

E’ uno scontro senza precedenti quello tra il primo cittadino e il cardinale Paolo Romeo, finora arcivescovo di Palermo ma in procinto di lasciare l’incarico per raggiunti limiti di età. E mentre la nomina a principe della Chiesa del vescovo di Agrigento Francesco Montenegro “agita” le acque della chiesa siciliana, in una Curia già segnata da casi di lettere anonime e accuse velenose, spunta la missiva del sindaco a Papa Francesco. Inviata, come detto, lo scorso novembre nel bel mezzo di un braccio di ferro tra Palazzo delle Aquile e il Palazzo Arcivescovile per lo sfratto degli occupanti al Villaggio dell’ospitalità di via Castellana.

“Lei, Santità, è intervenuto e interviene, a sostegno delle famiglie insolventi che rischiavano di perdere le proprie abitazioni – scrive Orlando – sono parole e gesti che in tanti, da cattolici e da amministratori pubblici, guardiamo con rinnovata fiducia in una Chiesa che si pronuncia ed è concretamente ogni giorno a fianco dei più bisognosi. Intervenendo all’incontro mondiale dei movimenti sociali, Lei ha detto che è un crimine che milioni di persone soffrano la fame, mentre la speculazione finanziaria condiziona il prezzo degli alimenti, trattandoli come qualsiasi altra merce. Un richiamo, ancora una volta forte ed inequivocabile, alla non mercificazione del bisogno e dei diritti; soprattutto alla non mercificazione delle persone e delle famiglie. Un richiamo che, però, sembra non essere colto o non esser stato sempre colto appieno dalle istituzioni ecclesiali di Palermo”.

E poi è la volta dell’affondo su Romeo. “Qui, al bisogno di molte famiglie di avere un tetto, proprio la Chiesa che dovrebbe essere dispensatrice e praticante di ‘amore per i poveri’, appare riluttante. Le sue istituzioni appaiono rispondere con la riproposizione della minaccia dell’uso della forza e frappongono ostacoli alla richiesta e possibilità che gli indigenti abbiano un tetto, con regolari contratti di locazione, che permetterebbero l’uso di immobili di quelle stesse istituzioni ecclesiali grazie alla confermata disponibilità di risorse comunali. Come non ricordare che proprio a Palermo, nelle stesse ore in cui la Chiesa, con le sue istituzioni, si univa al giusto sforzo di tanti per garantire assistenza a migliaia di migranti aprendo i portoni dei saloni parrocchiali per l’accoglienza pagata dallo Stato, in quelle stesse ore le stesse istituzioni ecclesiali invocavano interventi di forza e muravano, fisicamente muravano, l’ingresso di alcuni immobili di proprietà di tali istituzioni per impedire l’accesso ai senza tetto”.

Insomma, un siluro in piena regola all’indirizzo del porporato. “Sono gesti e comportamenti, purtroppo anch’essi inequivocabili, che lasciano perplessi – conclude il sindaco – che li vive, lasciano ferite soprattutto nella comunità dei fedeli, confusi fra le parole e i gesti del Pontefice e la mancata o incerta traduzione di quei gesti e di quelle parole”. Che l’alto prelato e il Professore non si siano mai amati non è un mistero, ma la missiva, dai toni fortissimi, segna comunque un precedente.

Sta di fatto, però, che nelle settimane successive l’emergenza legata allo sfratto è in qualche modo rientrata. Nessun uso della forza pubblica, un ritrovato dialogo con l’Opcer e la ricerca di una soluzione temporanea che salvi capra e cavoli senza scontentare nessuno. Il cardinale e il sindaco si sono anche incontrati più volte in questi mesi, da ultimo il primo gennaio per la tradizionale Messa di inizio anno a Palazzo delle Aquile, senza toni eccessivamente polemici, a parte qualche tirata d’orecchie per Brancaccio.

Ma la lettera salta fuori solo adesso, a emergenza conclusa visto che lo sgombero non è stato più attuato, col Comune impegnato nelle trattative e mentre la Curia palermitana vive un momento di transizione. La nomina del successore di Romeo, contrariamente alle previsioni, non è arrivata mentre è giunta quella di Montenegro. Per alcuni il neo cardinale potrebbe restare ad Agrigento, proprio per dare maggior peso all’attenzione verso i migranti, rimandando il trasferimento nel capoluogo al futuro. Il che, però, renderebbe la sede palermitana meno “appetibile” visto che Papa Francesco non rispetta troppo le tradizioni cardinalizie delle diocesi italiane (come Venezia e Torino insegnano) e che Montenegro è il terzo cardinale per la Sicilia, se si considera anche De Giorgi. Insomma, è possibile che il futuro arcivescovo di Palermo non indossi la berretta color porpora o che non lo faccia in tempi brevi. In questo clima di incertezza, dopo che in passato Romeo aveva dovuto già fare i conti con lettere anonime mandate in Vaticano e “corvi”, spunta anche questa missiva. Una conclusione, non troppo serena, della sua esperienza sulla cattedra di San Mamiliano.

 


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