Mattarella, l'uomo contro la mafia | e le strumentalizzazioni d'antimafia - Live Sicilia

Mattarella, l’uomo contro la mafia | e le strumentalizzazioni d’antimafia

Siciliano e atipico. Siciliano e scandinavo nel tratto della persona. Sergio Mattarella, il Presidente "che non ama toccare, né si lascia toccare". Perché la ferocia della mafia e le strumentalizzazioni dell'antimafia gli hanno inciso la carne. (nella foto, la macchina di Piersanti Mattarella, crivellata di colpi, con Sergio sullo sfondo).

Chi è il nuovo presidente
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Siciliano, sì, ma atipico. Leoluca Orlando, maestro di suggestioni, su Sergio Mattarella ha azzeccato il motto: “E’ uno che non ama toccare, né farsi toccare”. Un lampo per incenerire l’intimità di baci, di sudore, di effusioni, di guance l’una contro l’altra armate.
Chi è il Siciliano letterario, di parole, opere e omissioni? Un cascame di faccia, dedito a sbaciucchiare colui che un minuto dopo farà assassinare a tradimento. Il contatto è preludio di inganni; il labbro che applica una doppia vasata tra zigomo e orecchio, la lama che perfora la schiena, con identico slancio.

 masticatore compulsivo di cannoli, né seguace ossessivo della frittura da arancina – la didascalica magrezza fa da spia – il nuovo Presidente della Repubblica amministra la sua quieta distanza dal bozzetto e dalla folla. Non lo toccano gli elogi dei servi della gleba che sbucano a ogni angolo per consuetudine borbonica: tutti, nella sua Palermo, lo hanno conosciuto, tutti almeno una volta con lui “si sono divisi” il caffè, tutti ne hanno sfiorato la dotta veste professorale. Non lo tocca la ribalderia ammiccante di una casta politica compromessa che vorrebbe essergli consanguinea e dà fiato alle trombe della vittoria altrui per l’acchianata sul carro di San Sergio.

Siciliano, sì, ma un po’ scandinavo nell’occhio e nella capigliatura. Volterriano nel filo del ragionamento. Capace di reazioni a fiamma bassa, di relazioni accurate; in grado di distinguere il valore del merito dall’omaggio dei cortigiani. Siciliano e buono, il Presidente Mattarella. “Inaudito”, secondo la scrittura di Pietrangelo Buttafuoco sul ‘Fatto’. Ecco perché.

“E’, quello del professore Sergio, giudice costituzionale– scrive Buttafuoco – il tormento di una tenaglia la cui prima pinza è quella che gli hanno inferto le ferite della maldicenza: il padre, Bernardo – notabile democristiano – indicato quale mammasantissima nel pantheon delle collusioni tra mafia e politica rimane mascariato nella frettolosa consegna della memoria collettiva. La seconda pinza, invece, stretta a trafiggergli il resto della carne, è quella di Piersanti, il fratello – un martire delle istituzioni – ucciso dalla mafia per avere, da presidente della Regione siciliana, spezzato il patto di sangue tra le cosche e la Democrazia cristiana. Sergio porta al concerto dei vertici dello Stato una Sicilia inedita al punto di essere inaudita (…)Mai e poi mai, in pubblico e in privato, ha tirato per un lembo il sudario del fratello per raggranellarne una legittimazione o le stimmate della virtù civile”.

Siciliano, diverso, italianizzato, tanto da abitare, idealmente, una patria che non si arrende all’orrore totalizzante della mafia, però non si identifica con gli strumenti dell’antimafia delle carriere, conoscendone – da vittima – i bassifondi. Ecco la differenza dell’inaudito. Perché la mafia fa schifo, ma non è il caso di andarsene eternamente in giro con una corona di spine da ficodindia: ci vuole il coraggio di alzare la testa. E si può onorare la memoria senza metterla sullo scaffale appesa al cartellino del prezzo; perché l’antimafia è autentica se gratuita, quando non diventa ingiuria o inquisizione, essenza insindacabile di santità, nel nome dei parenti morti ammazzati.

Sergio Mattarella ha imparato, sulla sua pelle, quanto dolore possa derivare dalle pallottole dei cattivi e dal mascariamento dei giusti. Perciò, non tocca, né si lascia toccare, il dodicesimo Presidente. La mafia feroce del ficodindia e l’antimafia impura delle lame possono nascere dallo stesso bacio.


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