CATANIA – C’è una famiglia che attende di potere entrare in casa sua. Moglie, marito e due figli piccoli costretti a restare lontani dall’abitazione dopo un crollo dovuto a una perdita al piano di sopra il cui rischio avevano già denunciato, inascoltati. Adesso hanno deciso di rivolgersi all’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, per raccontare l’odissea che stanno attraversando e le presunte lungaggini del Comune di Catania. Un’attesa durata anni per vedere messo per iscritto quanto loro sostengono da tempo: e cioè che tra le cause del “dissesto statico” che li tiene lontani da casa ci sia più di una fatalità.
Siamo nel pieno centro di Catania, in un bel palazzo antico nella zona dell’incrocio via di Sangiuliano e via Etnea. Un gioiello nel cuore della città, all’interno del quale la famiglia di cui raccontiamo acquista un appartamento dopo diversi anni d’affitto. L’obiettivo è crescere i figli, ancora piccolissimi, in mezzo alla bellezza del centro storico cittadino, dov’è tutto a portata di passeggiata. L’appartamento di cui diventano proprietari si trova in un atrio al secondo piano, ed è bello grande. Tant’è che al piano di sopra il proprietario ha diviso l’immobile in tanti piccoli monolocali (tra l’atrio est e l’atrio ovest, in totale sono 27) che puntualmente vengono messi in affitto.
È il lontano 2018 quando la famiglia, però, comincia ad avere problemi con l’omologo del piano superiore. Ci sono infiltrazioni d’acqua: tubi ammalorati che, da su, permettono all’acqua di arrivare giù e mettere a rischio il loro soffitto, proprio durante la ristrutturazione di casa. In più c’è un gradino, di cemento, costruito al piano superiore per farci passare tubazioni e impianti. Ma che, secondo i residenti del piano inferiore, non fa altro che gravare sul loro solaio. E, di conseguenza, sulle loro teste. La battaglia tra due vicini di casa diventa ben presto una storia di appelli alle istituzioni: tra una diffida e l’altra, dopo un intervento dei Vigili del fuoco, il soffitto del secondo piano cede e i pompieri sono costretti a intervenire di nuovo, stavolta per un “dissesto statico“.
Sono gli ultimi mesi del 2021. I monolocali al piano di sopra vengono “inibiti” in via precauzionale e vengono ritenuti “non fruibili” fino all’esecuzione di lavori di consolidamento, almeno secondo quanto riportano i vigili del fuoco. Dopo una serie di sopralluoghi, a gennaio 2022, il Comune di Catania ordina lo sgombero anche dell’appartamento al piano di sotto. Almeno finché non saranno eliminati i “gravami” che pesano sulle volte. A questo punto, però, i proprietari del piano inferiore decidono di volerci vedere chiaro sull’edificio in cui, quando sarà tutto in sicurezza, vogliono andare a vivere. E chiedono di verificare non solo la legittimità di quel gradino che, per tutta la grandezza dell’appartamento, secondo loro mette a rischio la sicurezza della loro casa; ma anche eventuali autorizzazioni su tutti e 27 i monolocali che sono stati realizzati dal frazionamento dell’intero piano superiore. Se, cioè, quei mini-appartamenti sponsorizzati online, di cui sei si trovano sulle loro teste, siano abitabili. O quantomeno agibili.
A rispondere dovrebbe essere il municipio etneo. Che, però, tace. Tant’è che tocca alla segretaria generale Rossana Manno, ad agosto 2022, tirare le orecchie alla direzione Urbanistica. Per chiedere se sia stato fatto qualcosa affinché, al terzo piano, la situazione venisse aggiustata. E se i 27 mini-appartamenti siano in regola oppure no. Arriviamo così a febbraio 2023. L’appartamento del secondo piano, che la famiglia aveva comprato per crescerci dentro due bimbi, è ancora chiuso. A marzo 2023 arriva la risposta dell’Urbanistica. Nel documento firmato dagli uffici di via Biondi si legge che per il terzo piano è stata inoltrata “istanza di condono edilizio” nel 1995. Rigettata a gennaio 2023. Cioè 28 anni dopo la richiesta, e solo dopo che a sollevare il caso ci ha pensato un nucleo familiare con una casa in cui non può vivere.
Secondo l’Urbanistica, il frazionamento dell’immobile del terzo piano gemello di quello della famiglia del secondo è stato eseguito “in assenza di titolo edilizio, all’interno di un edificio storico“. Almeno cinque mini alloggi, più uno al piano ammezzato, devono quindi sparire. Per ripristinare lo stato dei luoghi vanno “demolite le opere realizzate senza alcun permesso/autorizzazione”. Per gli altri 21 monolocali, invece, l’Urbanistica precisa che è stata fatta richiesta di condono, che non è stato emesso alcun titolo edilizio e che il “procedimento istruttorio” è ancora in corso.
La segnalazione all’Anac è stata inoltrata a gennaio 2023. E, nel frattempo, a interessarsi alla questione è stato anche il consigliere comunale del Movimento 5 stelle Graziano Bonaccorsi, che ha chiesto di vederci più chiaro su tempi e controlli. “Bisogna attendere obbligatoriamente che accada un disastro – domandano i proprietari del secondo piano – affinché il Comune evidenzi le difformità edilizie, mentre qualcuno nel frattempo ne è rimasto vittima?”.