CATANIA- Si stringe il cerchio intorno a Nuccio Mazzei, il latitante più ricercato della Sicilia orientale. Il Procuratore Giovanni Salvi, intervistato da LivesiciliaCatania dopo le ultime operazioni, non ha dubbi e l’arresto di Mario Pappalardo, latitante fedelissimo al boss, rappresenta un tassello fondamentale delle investigazioni. “La Dia -spiega Salvi- ha fatto un ottimo lavoro, noi siamo convinti dell’importanza, all’interno dell’organizzazione, di Pappalardo, che era uno degli uomini più vicini a Nuccio Mazzei, uno dei colonnelli”.
L’ACCERCHIAMENTO. Nuccio Mazzei dovrebbe essere a Catania, città in cui risiedono i suoi famigliari, molti dei quali indagati per intestazione fittizia di beni, sarebbero i suoi prestanome, accusati di gestire attività commerciali e grandi imprese, attive anche nel settore turistico, con utili che finirebbero per favorire proprio il boss. Questo quadro è emerso dall’inchiesta coordinata da Giovanni Salvi e affidata ai carabinieri di Alessandro Casarsa e alla Dia guidata dal Capo centro Renato Panvino, che spiega ogni particolare della strategia investigativa: “Si eliminano tutte le pedine a lui più vicine partendo dall’ala militare, poi seguono i colonnelli e la parte economica”.
Perno della famiglia è Rosa Morace, madre di Nuccio Mazzei che, spiega il Pm Jole Boscarino “ha dimostrato una forte personalità e un rilevante potere decisionale, tale da mettere in discussione le volontà del figlio e avere addirittura momenti di tensione con lui”. La Morace, moglie di Santo Mazzei, è indagata insieme ai figli Nuccio e Simona Mazzei e a Intravaia, per aver “attribuito a Silvana Aulino la titolarità delle loro quote dell’associazione Giomar, società conduttrice della ristorazione della struttura turistica denominata Agribagnara di S.Giorgio, con lo scopo di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali”.
Nell’agriturismo in questione, la gestione della ristorazione avviene anche attraverso la M&G Turismo Club, società “fittiziamente” sostengono i magistrati, intestata a Nerina D’Antoni e Mario D’Antoni. Sebastiano Mazzei avrebbe attribuito “fittiziamente” a Camillo Pappalardo la titolarità delle sue quote della Play and Coffee di Tomasello Nello Pasqualino S.a.s., società costituita per la gestione del chiosco di via Filocomo.
A Intravaia i magistrati hanno sequestrato, oltre a un lungo elenco di immobili, anche il prestigioso Caffè del Plebiscito, cuore della ristorazione di San Cristoforo, lo storico quartiere della mafia catanese.
Negli ultimi mesi Salvi ha coordinato un vero e proprio pool di investigatori che per la prima volta, con la massima sinergia, hanno lavorato per arrivare allo stesso risultato: arrestare Nuccio Mazzei.
La Guardia di Finanza di Roberto Manna e gli uomini della Tributaria di Giancarlo Franzese, seguendo le tracce del boss, hanno portato alla luce un vero e proprio “cartello” di imprese riconducibili ad affiliati ai Mazzei alimentate con un vasto giro di truffe ed estorsioni. Si tratta dell’operazione Scarface contro William Cerbo e numerosi affiliati, un maxi blitx che per la prima volta in Italia ha visto contestare agli indagati la bancarotta fraudolenta aggravata dal favoreggiamento alla mafia. Vanitoso e rispettosissimo della madre, Letteria Di Paola, lo “Scarface” catanese rivendica l’appartenenza alla famiglia del boss “Nuccio” Mazzei, grazie al quale potevano occuparsi di alcune discoteche e “uscire fuori con il petto gonfio”.
Cerbo confidava ai fedelissimi di perdere il conto delle entrate provenienti dalle attività “sparse nella città”. Il trucco, che i finanzieri hanno portato alla luce, era intestare tutto a fidatissimi prestanome, che non avevano alcunché da perdere, arruolati e stipendiati dall’organizzazione .
Niente cicoria o ricotta, a Catania i Carcagnusi di Willy sognavano l’America, al suon di champagne e bella vita, tanto da essere a capo di un patrimonio da 65milioni di euro. “L’ultima parola” sugli affari spettava sempre al “Padrino” Nuccio Mazzei.
Il fiume di denaro gestito dai Mazzei ha provocato una distorsione del mercato che ha spinto la Direzione investigativa Antimafia a investire numerose risorse per tutelare cittadini e commercianti che scelgono la strada della legalità. Renato Panvino non ha dubbi: “Dobbiamo liberare la città da questa cappa che soffoca economia e mercato, bisogna liberare Catania da questo virus e ci vuole anche l’aiuto della società civile, che non manca in questo momento. Addiopizzo e Confindustria -conclude il Capo centro della Dia- stanno facendo la loro parte, insieme ad altre importanti associazioni anti racket”.
Sul mensile “S” in edicola e disponibile anche on line il contenuto dei verbali inediti dei principali pentiti catanesi, che svelano il ruolo dei Mazzei nel controllo del mercato del pesce, la gestione degli appalti dello stadio e il controllo di fiorenti attività commerciali. Sullo sfondo le paure dei più pericolosi killer di Catania: ecco perché D’Aquino e Musumeci hanno mentito ai boss dei Cappello e non lo hanno ucciso.