La Regione “sapeva” o avrebbe dovuto sapere che non aveva le forze per affrontare il colosso Pnnr in settori cruciali come l’acqua e i servizi idrici integrati. Mentre l’assessore regionale all’Energia Daniela Baglieri rivela pubblicamente il gravissimo stato di difficoltà e insufficienza della macchina regionale (e delle gestioni commissariali tanto in ambito irriguo che idrico) nell’intercettazione dei fondi del Pnrr, svolazza ancora, nelle caselle di posta elettronica degli uffici di gabinetto e delle autorità idriche commissariate, un’allarmata e dettagliata circolare riservata a firma del suo predecessore Alberto Pierobon. L’ex assessore, con riferimento specifico ai progetti nel settore idrico, già più di otto mesi fa avvertiva infatti dello sfacelo organizzativo. Un segreto di Pulcinella, insomma, a dare una scorsa ai destinatari di quella missiva, datata 4 febbraio 2021. Esattamente venti giorni dopo, Pierobon avrebbe passato il testimone dell’assessorato proprio alla docente universitaria. Intanto, arrivano altre “scoperte”: i Comuni, attraverso l’Anci Sicilia e pure dopo l’ennesima ondata di stabilizzazioni di personale dichiarato “affidabile e necessario”, protestano che ci sarebbero gap di personale tecnico per quindicimila unità. Una corsa alla denuncia del Problema, la tempesta dopo la bonaccia che, però, aveva avuto le sue belle avvisaglie perché la gestione dei progetti sulle acque non avesse sorti simili alle fallimentari istanze progettuali sull’irrigazione: cioè i 31 capi d’accusa da 422 milioni di euro rivolti alla burocrazia e ai Consorzi di bonifica siciliani. La stessa Baglieri ha amaramente indicato proprio nel settore dell’acqua il prossimo fronte di crisi nella gestione dei fondi del Pnrr. La polemica è stata la foce naturale: Carmelo Miceli, deputato Pd, ha per esempio dichiarato che “solo il governo Draghi può mettere fine a questo scempio. A Draghi rivolgo una supplica: commissari la Regione”.
Prossimo fronte, l’acqua
Acqua prossimo fronte, dunque: adesso ci si attenderebbe una corsa contro il tempo con priorità assoluta per arrivare in tempi record all’approvazione della legge di riforma dovrà portare alla creazione dell’Autorità idrica unica, disegno di legge per il quale si è appena consumato il primo atto conoscitivo in commissione, con le prime audizioni. Voce narrante originale dell’allarme di febbraio, la lettera decisa che ha per principali destinatari le Assemblee territoriali idriche (Ati) di Messina, Ragusa, Trapani, Siracusa, Agrigento, Catania, Palermo, Enna, Caltanissetta, i commissari ad acta delle stesse Ati a Trapani e Ragusa, e per conoscenza al presidente della Regione, all’assessore all’Economia e ovviamente al dirigente di settore.
L’allarme inascoltato
Afferrando quei fogli prima che facciano vortice indistinto con contorno di accuse, recriminazioni al governo nazionale, paure di complotti antimeridionalisti, si legge: “Con riferimento al Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza, mi preme – scrive Pierobon – richiamare l’attenzione di codeste Ati e di codesti Commissari sulla necessità e sull’urgenza di attuare il servizio idrico integrato, dalla pianificazione, all’affidamento del servizio, alla cessione degli impianti al gestore, senza più indugi e incertezze mettendo in atto ogni possibile azione e iniziativa atta allo scopo. Tale richiamo è ancor più impellente e sentito in ragione del fatto che dalla lettura del Pnrr, deliberato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 12 gennaio 2021, e dai criteri di soddisfacimento delle condizioni abilitanti al futuro accordo di partenariato, ai fini dell’accesso ai finanziamenti sarà imprescindibile avere la pianificazione d’ambito aggiornata e adottata e aver provveduto all’affidamento del servizio”. S’era ai primi vagiti del colossale piano che dovrebbe salvare l’Italia. E la Sicilia. Poi, ecco il nodo gestionale: “Sempre al fine di poter accedere ai richiamati finanziamenti, è altresì importante ed essenziale che i gestori affidatari, come anche le gestioni salvaguardate ai sensi dell’art. 147, comma 2 bis, del decreto legislativo 152/2006, siano soggetti industriali adeguatamente strutturati, efficienti e affidabili in grado di dimostrare, all’attualità e non in un prossimo indefinito futuro, adeguata capacità gestionale… non soddisfacendo i criteri della condizione abilitante sarà inibito all’intero Paese la possibilità di accedere ai finanziamenti della Politica di Coesione”. Con la stoccata alle Ati, titolari della fase progettuale: “È chiaro quindi che l’inerzia e la lentezza finora dimostrata da codesti Enti di Governo d’ambito non solo rappresenta un grave danno per la Regione e per l’Italia tutta in termini economici e finanziari, ma anche un danno di immagine della Regione Siciliana nei confronti dell’intero paese e della Commissione Europea”.
Progetti e criteri
La lettera, ovviamente, non dimentica il ruolo cruciale di una progettazione organica e correttamente presentata: “Solo avanzando proposte progettuali effettivamente realizzabili – si legge ancora – nei tempi e nei modi imposti dal Pnrr, nell’arco temporale di durata del piano europeo di ripresa fissato nel 2021-2026, tenendo conto della effettiva capacità di conseguire gli obiettivi specifici delle azioni e di ottenere risultati, sarà possibile accedere ai fondi e avviare concretamente i cantieri per ridurre e, nel migliore dei casi, superare il gap infrastrutturale che la Regione presenta”.