E’ una mafia meno violenta, ma che ha affinato le sue tecniche per infiltrarsi nel mondo politico e imprenditoriale, quella che viene descritta dall’ultima relazione semestrale della Dia. Una mafia che ha intensificato il rapporto con i clan stranieri, da quelli albanesi ai nigeriani, non lasciandosi scappare le opportunità di mettere le mani sui fondi europei e nel traffico di droga. Nel documento che la Direzione Investigativa Antimafia ha trasmesso al Parlamento, viene posto l’accento soprattutto sui risvolti negativi che la pandemia da Covid-19 ha avuto sul tessuto socio-economico, nel quale la malavita ha trovato così, l’opportunità di infiltrarsi, traendo ovviamente vantaggio.
L’attenzione verso i fondi per contrastare il Covid
“Su questo fronte – dice la relazione – la portata dei provvedimenti di prevenzione eseguiti anche nel semestre in esame testimonia l’attenzione verso il settore”. Insomma, le mafie avrebbero puntato la propria attenzione anche verso i fondi stanziati dal Governo per far fronte all’emergenza provocata dalla diffusione del virus e in Sicilia, secondo la Dia, accanto ai clan storici di Cosa nostra ci sarebbero quelli stranieri: “Si affiancano altre consorterie di matrici mafiose – si legge – e fortemente organizzate ma inclini a evitare contrapposizioni con le famiglie”. Per questo, nell’Isola, la Dia evidenzia l’escalation una criminalità organizzata di matrice etnica, principalmente legata al clan nigeriano, che opera con la complicità delle mafie locali, che usufruirebbero sempre di più, tra l’altro, delle nuove tecnologie.
Mafia e tecnologia
“I sodalizi mafiosi sono consacrati al gaming e betting, rispettivamente nel settore del gioco d’azzardo e delle scommesse – viene sottolineato nella relazione semestrale -. Un’altra indicazione sulla capacità della mafia di cogliere le opportunità offerte dalla globalizzazione si rinviene nel ricorso all’utilizzo delle criptovalute, come i bitcoin e, più di recente, il Monero2 , che non permettono un agevole tracciamento”. I clan di Cosa nostra hanno nel frattempo “hanno adottato un coordinamento basato sulla condivisione delle linee di indirizzo e dalla ripartizione delle sfere di influenza tra esponenti di rilievo dei vari mandamenti, anche di province diverse”, precisa il documento della Dia.
La ‘Stidda’ cerca intese con Cosa nostra
Palermo, Agrigento e Trapani, sarebbero le province in cui Cosa nostra tenta di “ripartire” con una nuova “rivitalizzazione” dei contatti con le famiglie mafiose che si trovano all’estero e una intensificazione dei rapporti. Nella zona orientale della regione, invece, è sempre più operativa, sempre secondo la relazione della Dia, la “Stidda”, nata in origine per contrapporsi a Cosa nostra, ma che oggi cerca in realtà il suo appoggio per “entrare in affari”, con vari tentativi di intesa.