Statuto speciale, ora il presidente della Regione ha meno potere

Statuto speciale, ora il presidente della Regione ha meno potere

Dichiarata incostituzionale una prerogativa del governatore
CORTE COSTITUZIONALE
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PALERMO – Finora il presidente della Regione vantava un potere neppure riconosciuto al capo dello Stato. Da oggi le cose cambiano. E i cittadini saranno meno soggetti al volere della politica.

Illegittimità costituzionale

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di un articolo delle norme di applicazione dello statuto speciale della Regione siciliana. La Consulta ha accolto il ricorso straordinario del Consiglio di giustizia amministrativa. L’ordinanza era firmata dal presidente Fabio Taormina e dal giudice estensore Nino Caleca.

Una donna era risultata vincitrice del concorso per la copertura di 70 posti di dirigente tecnico-archeologico dei Beni culturali. Le era stato attribuito un livello più basso di stipendio di quanto lei ritenesse di meritare.

Da qui il ricorso straordinario al presidente della Regione siciliana, con l’assistenza dell’avvocato Girolamo Rubino, chiedendo di annullare la parte in cui nel 2006 era stato disposto il suo inquadramento nella categoria D.

Dopo un iniziale inerzia il presidente della Regione, con un decreto del 7 novembre 2011, aveva respinto il ricorso straordinario della donna, confermando la propria scelta. La donna si è poi rivolta prima al Tar, con lo stesso esito negativo, e poi al Cga.

Neppure il capo dello Stato aveva questo potere

Una legge dello Stato ha soppresso il potere del presidente della Repubblica di discostarsi dal contenuto del parere reso dal Consiglio di Stato, che diventa vincolante. Un potere riconosciuto invece al governatore della Sicilia che in virtù dello statuto speciale finora poteva anche non tenere conto del parere del Consiglio di giustizia amministrativa.

C’è un tema di equità: colui che impugna con ricorso straordinario un provvedimento amministrativo al fine di ottenere l’annullamento vedrebbe, a differenza di altri, la propria pretesa giudiziale decisa da un organo non appartenente al potere giurisdizionale, e cioè il presidente Rella regione, ma di natura politica. Di fatto non sarebbe garantita l’indipendenza ed imparzialità propria del giudice.

Cosa dice il Cga

Secondo il Cga che ha sollevato la questione davanti alla Corte costituzionale, “la norma censurata si porrebbe in contrasto con l’esigenza di una uniformità di disciplina sul territorio nazionale”. La Consulta ha accolto l’ordinanza firmata Taormina-Caleca.

“Non emergono elementi di differenziazione tra i due istituti, nazionale regionale, idonei a giustificare una diversità di tale portata tra disciplina statale e quella siciliana – scrive la Corte presieduta da Silvana Sciarra – quanto alla natura del parere dell’organo consultivo e la possibilità di discostarsi da esso, che si risolva in un minor tutela dei propri diritti e interessi, garantita al ricorrente dinanzi al Presidente della regione siciliana rispetto al ricorrente in via straordinaria rispetto al Presidente della Repubblica”.

Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 9 comma 5 del decreto legislativo 373 del 2003, quello sulle norme di attuazione dello statuto speciale siciliano.


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