PALERMO – Il presidente della Regione sta zitto. E chiede ai suoi di stare zitti. Eccola, finalmente, una notizia rivoluzionaria. Una novità assoluta, una rottura col passato recentissimo infarcito di roboanti e repentine conferenze stampa, di dita puntate un po’ a casaccio, di processi mediatici sommari. No, la vera rivoluzione di Crocetta non è lì, non è nelle denunce (che spesso arrivano quando gli inquirenti lavorano alle stesse questioni da mesi o anni), non è nelle sfilate in Procura, né negli affondi microfonici. È nel silenzio di questi giorni. Un silenzio rotto solo per ricordare agli altri di stare in silenzio. Il governo del “cambiamento” ha scelto di ricorrere ai miti consigli di un passato dal quale si vuole segnare il solco: “I panni sporchi si lavano in famiglia”.
Non è una novità assoluta, a dire il vero. Ed è semmai il frutto della schizofrenia morale che appare ormai dato costante ed evidente di questa stagione di governo. Lo stesso che ha portato il governatore, ad esempio, ad accusare “in diretta” e a loro insaputa, dirigenti regionali incensurati che avevano avuto la disgrazia di un parente acquisito accusato per mafia, di qualche sfortunato omonimo di presunti boss messinesi, di qualche deputato dalla fedina penale limpida “beccato” a chiacchierare al telefono con un imprenditore successivamente colluso.
In due anni, insomma, non è mancato il ricorso al sensazionalismo, buono a riempire le lacune di un esecutivo improduttivo, confusionario, capace di farsi bocciare per incostituzionalità un centinaio di articoli in un anno tra tre Finanziarie flop, di farsi segnare con la penna rossa persino le somme in calce al rendiconto, per giungere – solo per non annoiare i lettori con la sfilza infinita di insuccessi e strafalcioni – al fallimento dei fallimenti: a quel Piano giovani che doveva essere il segno tangibile della lotta alla manciugghia. E che si è rivelato invece l’esempio più imbarazzante di una inadeguatezza ormai palese. Tanto da suggerire, al vulcanico presidente, di lasciare perdere l’Arena per ritirasi in un più appartato salottino, dove “fissare una conferenza di servizi per trovare le soluzioni adatte. Per il momento, tutti zitti”.
Già, sta zitto adesso il presidente. Eccola, la rivoluzione. I cui primi sintomi si erano visti in passato. La lotta allo spreco e al malaffare, ad esempio, giusto per rimanere a fatti e persone che stanno riempiendo le cronache di questi giorni, si era fermata di fronte a un rinvio a giudizio per peculato proprio a carico di Anna Rosa Corsello: abuso nell’utilizzo dell’auto blu. Il segno di quella casta rispetto alla quale il governo della rivoluzione si considera “altra cosa”. E giusto per citare un altro aneddoto, il presidente orgoglioso di quello che lui stesso definì “fiuto sbirresco”, si piegò al più intransigente dei “garantismi” di fronte a una condanna della Corte dei conti nei confronti di Patrizia Monterosso: danno erariale per la vicenda degli extrabudget. Manciugghia e formazione, gli ingredienti c’erano tutti per la nuova “sparata”. Che invece si tradusse in un semplice: “Basta che il segretario generale ripaghi il danno, ed è tutto a posto”.
Corsello e Monterosso. Sarà un caso, probabilmente. Ma la scelta dei silenzi antichi e nuovi del governatore, fa riflettere. È come se il presidente fosse “magicamente condizionato” dalle donne del Palazzo. In qualche modo immuni, ieri e oggi, rispetto alla furia demolitrice e “purificatrice” di Crocetta. E dire che anche nel caso del Piano giovani non mancavano gli spunti. Spunti sui quali, come detto, in passato il presidente si era appigliato, entusiasta, per lanciare una fatwa di qua e una fatwa di là. C’è ad esempio il ricorso, evidente, a quello che il governatore, in occasione del giudizio di parifica della Corte dei conti, indicò come il vero simbolo della corruzione, se non del malaffare: gli affidamenti diretti. Due, in venti giorni, quelli approvati dalla bi-direttrice. Per mezzo milione di euro, senza alcun bando pubblico. Qui, ovviamente, e ne siamo tutti convinti, manciugghia non ce n’è. Al punto che nella sua unica eccezione al silenzio di questi giorni, Crocetta si è dimenticato di riferirsi a questo fatto. Si è limitato ad accennare al nuovo bando pubblicato dalla Corsello. Lanciandole persino un salvagente: “Sì, in effetti ne aveva parlato con me. Ma forse sarebbe stato meglio che ne parlasse anche con gli assessori”. Una marachella, in fondo.
Qui la manciugghia non c’entra. Ma la minimizzazione del presidente non può nascondere un fatto oggi chiaro a tutti: questo governo è allo sbando. Una situazione sottolineata anche da esponenti della maggioranza come il democratico Antonello Cracolici (“Alla Regione un clima infame), il neo-crocettiano Pippo Gianni (“Gli assessori vengano in parlamento a spiegare cosa è successo), il centrista Lillo Firetto (“Questo governo ha fallito”).
Nel frattempo, ecco anche le scudisciate dei giornali nazionali e locali. Dal Corriere della Sera al Giornale (ma si dirà, ovviamente, che si tratta dei soliti attacchi dei compromessi giornali del nord), fino al quotidiano regionale La Sicilia che ha descritto duramente, anche ieri gli scivoloni dell’esecutivo. Mentre tutto crolla. Mentre gli assessori scaricano la responsabilità sui dirigenti. I dirigenti sottolineano la presenza, in occasione delle tanto discusse scelte, degli stessi assessori che oggi si defilano. Mentre un capodipartimento si permette, senza alcun timore, non solo di pubblicare un bando “a insaputa” degli assessori, ma persino di rendere pubblica, prima ancora di inviarla ai diretti interessati una lettera nella quale, tra le altre cose, sconfessa e in qualche modo “provoca” un altro dei fedelissimi di Crocetta, Antonio Ingroia. Mentre accade tutto ciò, il presidente non prende decisioni e nemmeno posizione. E come accadde già in passato, quando si fece “ammaliare” dalle donne del suo palazzo, sta zitto. Questa sì che è rivoluzione.