Il centrosinistra in Sicilia non è morto ma non si sente certo troppo bene. Dopo la scoppola delle Regionali e la batosta ancora più pesante delle Politiche, Pd e compagni non crollano definitivamente ma continuano a ottenere risultati poco entusiasmanti. Con una significativa eccezione, quella di Trapani, dove Giacomo Tranchida vince a primo turno con percentuali bulgare. Molto ha pesato il buon profilo del candidato, uno abituato a vincere elezioni di ogni sorta da una vita, ma se uno spunto politico si vuole trarre dal dato trapanese, va detto che lì sembra aver pagato la strada dell’allargamento al centro e dell’alleanza civica che (il simbolo dei dem nemmeno c’era) si apre anche a ceto politico con trascorsi recenti nel centrodestra. Tanto è avvenuto a Trapani e ha portato la vittoria. Laddove invece non ha pagato a Messina la pur riconquistata unità del centrosinistra classico: malgrado liste anche robuste, Antonio Saitta è finito terzo mancando il passaggio al ballottaggio, scalzato dall’exploit di Cateno De Luca. Così come abbastanza modesta è stata la performance del centrosinistra a Ragusa. Discorso diverso merita Siracusa: qui il Pd si era diviso nel solito scontro fratricida. I maggiorenti della vecchia guardia del partito avevano voltato le spalle a sindaco renziano Giancarlo Garozzo, scommettendo su Moschella, che è stato battuto dal vice di Garozzo, Italia. Un epilogo che sembra andare nella stessa direzione della lezione trapanese, nel senso della prevalenza alle urne di un Pd più orientato al centro.
A Catania è andata male e forse la cosa non ha sorpreso più di tanto. Che l’esperienza di Enzo Bianco fosse arrivata a una fase conclusiva era nell’aria. Ora Anthony Barbagallo invoca un “nuovo progetto” aperto, quello di un Pd che “deve essere inclusivo e recuperare tutte le risorse umane migliori, senza veti e primogeniture”. Che ci sia da rimboccarsi le maniche e cambiare qualcosa è evidente. Per Antonello Cracolici “è crollato il principio di rappresentanza di una comunità politica”. In sintesi, aggiunge il deputato regionale palermitano, “o si cambia, o si muore”. Non resta che ripartire dalla militanza e da quel radicamento sul territorio che il partito comunque ancora conserva. Come fa notare il deputato Giuseppe Arancio, che sottolinea il dato della provincia nissena, dove il Pd “riesce ad affermarsi in tutti e cinque i comuni chiamati al voto, facendo registrare l’affermazione del centrosinistra nel nostro territorio”. Anche se consolarsi con Delia e Sutera quando si è persa Catania non sarà certo cosa facile.