+Le intercettazioni del "sistema" Catania+ Università: "Tutti una famiglia"

Sistema Catania, intercettazioni|”Siamo tutti una famiglia”

Potere, concorsi truccati, coinvolgimento di esponenti istituzionali. I retroscena della maxi inchiesta sull'Università etnea.

CATANIA – “Ne ho uno al giorno che viene per un problema di parentela o di… perché poi alla fine qua siamo tutti parenti… sì, sì, sono tanti parenti… alla fine l’Università nasce su una base cittadina abbastanza ristretta una specie di élite culturale della città perché fino adesso sono sempre quelle le famiglie…”.

Potere e questioni di famiglia. Le parole dell’ex Rettore Francesco Basile sono scolpite, da più di un anno, nell’inchiesta della Procura di Catania sull’Università etnea, dove avrebbe fatto “scuola” una radicata tradizione: affidare a una cerchia ristretta di persone la guida del sapere.

Due tronconi

Carte alla mano ci sono 64 indagati, 10 dei quali in un troncone separato dai 54 “avvisati” in questi giorni TUTTI I NOMI, oltre 30 concorsi ritenuti “truccati”, ben tre ex rettori coinvolti e personaggi di spicco del mondo politico e istituzionale. Da Enzo Bianco, ex ministro dell’Interno e sindaco di Catania all’ex procuratore Vincenzo D’Agata.

L’indagine

L’inchiesta nasce dalle denunce incrociate presentate dall’ex Rettore Giacomo Pignataro e da Lucio Maggio, direttore amministrativo. La Digos inizia a eseguire le intercettazioni e viene fuori un sistema di preconfezionamento dei concorsi universitari. Il 2 febbraio del 2016, dopo l’elezione, Basile, fa una domanda secca al suo predecessore: “La stanza l’hanno bonificata?”. Il passaggio di consegne avviene mentre le cimici della Digos registrano. La Procura sostiene che “il futuro vincitore dei concorsi veniva deciso a tavolino e i concorsi venivano costruiti ad hoc per chi dovesse vincere”. Sarebbe stato stabilito “chi dovessero essere i commissari, i membri esterni, nei casi più gravi era il candidato stesso a elaborare i criteri del concorso”.

Il sistema

I concorsi sarebbero stati pianificati ad hoc, stabilendo anche il tetto massimo di pubblicazioni per favorire determinati candidati. Le cimici della Digos hanno intercettato anche Giuseppe Barone, direttore del Dipartimento di Scienze Politiche. A parlare con lui è uno dei “candidati” a un concorso “bello tosto – dice Barone – perché ci sono 10 domande, con sette idonei”. “Sette idonei”, risponde il professore di Scienze Politiche, che subito dopo conferma che l’interlocutore è tra gli idonei. “Ora io – dice Barone – quindi ci vuole la preselezione… io le sparo alcuni nomi ma ora mi faccio dare l’elenco tutto……e vediamo chi sono questi stronzi che dobbiamo schiacciare!”.

L’ex Rettore

Francesco Basile, ex Rettore, è ritenuto uno dei perni del sistema, ma attraverso i suoi legali, ha fatto sapere di essersi attenuto alle procedure previste dalla legge, facendo conseguire risultati prestigiosi all’Università che ha guidato.

Di diverso parere gli inquirenti. Il Cda è stato eletto grazie a dei “pizzini”, consegnati anche ai rappresentanti degli studenti “che – sottolinea la Digos – non si sono sottratti a questa logica”.

I vertici

Il condizionamento da parte dei vertici universitari riguarderebbe anche il conferimento degli assegni, l’assunzione di personale tecnico amministrativo, la composizione degli organi statutari dell’Ateneo, l’assunzione e la carriera dei docenti universitari.

Agli ordini di Basile pare non ci si potesse sottrarre. Giovanni Gallo, del Dipartimento di Matematica, si lascia andare a un commento: “Basile li ha benedetti tutti e quattro quindi… abbiamo obbedito al Rettore, questo è quello che abbiamo fatto con… una maggioranza bulgara sulla volontà del Rettore…”

Il Cda

Giuseppe Barone, ex Direttore Dipartimento Scienze Politiche, racconta, mentre la Digos registra, il voto del Cda.“Come è andata?… E’ andata… – dice Barone – abbiamo fatto questo Consiglio di Amministrazione…. abbiamo votato con i pizzini, in piena democrazia… ho raccontato quell’aneddoto di Giolitti che cercava chi non lo aveva votato”.

A un altro interlocutore che domanda, “invece come è finita oggi?”, Uccio Barone svela ogni particolare. “È finita tutto bene, tutto bene… diciamo alla Stalin… – commenta l’ex preside – e niente si è votato con i pizzini, con i nomi… abbiamo fatto prima la riunione come nel peggior sistema democristiano e quindi – chiosa il docente – si è fatto il Consiglio di Amministrazione….”.

L’ex procuratore

Un posto “pilotato” di prima fascia per la figlia dell’ex procuratore Vincenzo D’Agata. È l’accusa della Procura nei capi di indagine che riguardano il magistrato che, per molti anni, ha guidato l’Ufficio etneo. Il condizionale è d’obbligo, D’Agata è accusato in concorso con la figlia Velia ed Eugenio Gaudio, rettore dell’università di Roma La Sapienza. Per lo stesso fatto si procede separatamente nei confronti dell’ex rettore Francesco Basile e di Filippo Drago, direttore del dipartimento di scienze biomediche e tecnologiche dell’Università. Per far ottenere il posto di docente di prima fascia alla D’Agata, tutti avrebbero “turbato” il procedimento amministrativo per stabilire il contenuto del bando.

Il concorso

Il sistema utilizzato è stato decriptato dalla Digos. Drago, “dopo aver individuato Velia D’Agata, professore associato nel settore Anatomia, come necessario beneficiaria di una procedura per la selezione di un docente di prima fascia”, avrebbe promosso la modifica “dei criteri dipartimentali per le graduatorie tra i settori scientifici disciplinari”, valorizzando l’anzianità di abilitazione. Il direttore avrebbe anche utilizzato una procedura che consentisse la composizione di una commissione “compiacente”. Una procedura complessa, agli atti c’è anche l’incontro tra l’ex procuratore D’Agata, la figlia e l’ex Rettore Francesco Basile, che avrebbe “promosso un accordo tra D’Agata” e l’altro concorrente interessato al posto, Castorina. Gaudio è accusato di aver “rappresentato” la procedura migliore “per garantire l’ordinariato alla D’Agata”.

D’Agata

La figlia dell’ex procuratore avrebbe, insieme a Filippo Drago, compiuto “atti idonei e diretti in modo non equivoco finalizzati a indurre Sergio Castorina a non presentare domanda”.

Drago avrebbe riferito, a Castorina, che il concorso era stato “riservato” alla D’Agata: “Quello che ti chiedo – dice Drago a Castorina – è che la cosa vada in questi termini, vorrei che tu facessi un passo indietro e non ti presentassi a questo concorso. Io nel giro di sei mesi sistemo tutto, ti bandisco un altro posto, sono io d’accordo con il Rettore”.

L’ex sindaco

Tra gli indagati c’è anche l’ex sindaco Enzo Bianco, accusato insieme all’ex assessore alla Cultura Orazio Licandro, nel passato deputato del Pci, di aver “ricoperto la qualità di istigatori e concorrenti morali”, chiedendo a Giacomo Pignataro, Francesco Basile e Giancarlo Magnano San Lio “di compiere le attività necessarie per consentire una chiamata da professore ordinario in favore del Licandro”.

Sarebbe stata “condizionata la modalità di scelta del contraente con collusioni consistite nell’individuare preventivamente il destinatario di una chiamata per docenti di prima fascia, ovvero il professore Orazio Licandro”. Sarebbe stato scelto il dipartimento “nel quale incardinare il posto con la specifica finalità di consentire la chiamata del Licandro nel settore di sua competenza”.

Il concorso per l’ex assessore

Gli indagati, a vario titolo, avrebbero “turbato il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando”. L’ex Rettore Giacomo Pignataro avrebbe “ricevuto le sollecitazioni di Enzo Bianco al fine di compiere le azioni necessarie per consentire” la chiamata di prima fascia per Licandro. Il successore Rettore, Francesco Basile, avrebbe concordato le azioni da compiere all’interno del dipartimento di scienze umanistiche “per consentire la chiamata di Licandro”, sollecitando Maria Paino, direttore del dipartimento di scienze umanistiche “ad avanzare una proposta di chiamata da destinare al Licandro”. Secondo la Procura sarebbe manca “alcuna esigenza didattica per inserire questo insegnamento nel dipartimento potendo comunque eventualmente colmare tale esigenza con altri docenti interni all’Ateneo catanese”.

Le indagini sono chiuse, adesso la parola passa alla difesa degli indagati e alla magistratura, che deciderà se chiedere il rinvio a giudizio.


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