"So figghio u fici 'ncaprettari"| Caso Maiorana, dubbi e misteri - Live Sicilia

“So figghio u fici ‘ncaprettari”| Caso Maiorana, dubbi e misteri

Stefano e Antonio Maiorana

L'inchiesta sulla scomparsa di padre e figlio fra vecchie domande e nuovi elementi.

PALERMO – Ci sono ancora domande a cui si può ancora una risposta prima di archiviare l’inchiesta sulla scomparsa di Antonio e Stefano Maiorana, risucchiati in un buco nero nel 2007.

Affari, ricatti sessuali, l’ombra della mafia e persino di Matteo Messina Denaro: il fascicolo è degno della trama di un giallo. Di sicuro ci sono due persone scomparse. Forse uccise, secondo la Procura di Palermo che, però, non ha raccolto prove sufficienti per chiedere di processare i due indagati, Francesco Paolo Alamia e Giuseppe Di Maggio.

Alla richiesta di archiviazione si è opposta Rossella Accardo, moglie di Antonio e madre di Stefano. Si è affidata all’avvocato Giacono Frazzitta per chiedere di continuare a indagare. Il giudice per le indagini preliminari di Palermo deciderà a luglio. I pubblici ministeri, e il legale è il primo a riconoscerlo, hanno fatto una “alacre e puntuale attività investigativa”, ma ci sono argomenti non ancora scandagliati.

Il movente del ricatto sessuale
Nella richiesta di archiviazione la Procura avanza l’ipotesi che Antonio Maiorana avrebbe ricattato Alamia usando un video pornografico che lo ritraeva in compagnia di una minorenne. Minacciandolo di “farlo finire sui giornali”, scrive la Procura. Dieci giorni prima della scomparsa dei due imprenditori, Alamia, socio della Calliope, l’impresa che si era affidata ai Maiorana per costruire un residence a Isola delle Femmine, cede le quote a Dario Lopez, che ne deteneva già il 50%, e da questi finiscono a Karina Andrè, allora compagna di Antonio Maiorana. Quest’ultimo, in pratica, da collaboratore esterno si ritrova proprietario di mezza azienda.
Nell’aprile 2010 Accardo cerca un conforto impossibile nella stanza del figlio Marco che, tragedia nella tragedia, ha deciso di togliersi la vita. Trova un fumetto di Topolino e lo consegna ai carabinieri. Marco vi aveva scritto sopra: “Paolo era il suo peggior nemico e doveva pagarla… ricattare Paolo e Dario per avere il 50% delle quote Calliope diventò il suo pensiero fisso, Karina avrebbe fatto da spalla mentre lui conquistava tutti con promesse di soldi sollecitando interessi sessuali… con Karina abbiamo distrutto la memoria del Pc ove si conserva il materiale con cui si teneva Paolo e Dario ricattabili. Abbiamo temuto per le nostre vite. Sapevo che quella mattina mio fratello andava a discutere qualcosa di grave e non sono riuscito a trattenerlo”.
Ed ecco la prima questione irrisolta: dov’è finita la memoria del computer? Di certo fu tolta dal Pc. E qui entra in gioco Karina Andrè, la quale racconta di avere ritrovato e consegnato una busta ai genitori di Antonio “ritenendo che contenesse cose importanti”. Il padre di Antonio, Vincenzo, nel 2007 conferma l’episodio, ma aggiunge che la donna gli disse che si trattava di documenti che “potevano mandare qualcuno in galera”. Racconta pure che i tra documenti c’era una busta trasparente di dimensioni di un foglio A4, sigillata con nastro adesivo, a sua volta ricoperto di firme apposte a mano. E sarebbe proprio di questa busta che Karina il 19 agosto chiede la restituzione a Vincenzo Maiorana.
Dentro la busta c’erano anche le immagini compromettenti usate per il ricatto? La casa dei genitori di Maiorana non è mai stata perquisita. La madre di Antonio Maiorana, a differenza del marito, nel frattempo deceduto, non è stata sentita dagli investigatori.
La storia dei ricatti sessuali la tira fuori per primo Lopez, raccontando di avere saputo da Antonio Maiorana degli incontri organizzati in una villa ad Altavilla Milicia. Maiorana gli mostrò addirittura il video e una volta lo sentì inveire contro Alamia. “Ti rovino ti faccio, finire sui giornali”, avrebbe detto Maiorana.

Il ruolo di Stefano
Nelle sommarie informazioni rese ai carabinieri il 25 gennaio 2016 Lopez riferisce di avere saputo “dall’ingegnere Alamia che alcuni giorni dopo la cessione, Antonio gli aveva proposto di rivendergli le quote, ma poi i figli, in particolar modo Stefano, ci avevano ripensato e avevano detto all’ingegnere di lasciare stare le cose come stavano”. Dunque Stefano sapeva tutto. Ecco perché Marco, il fratello suicida, aveva scritto sul Topolino: “Mio fratello stava andando a discutere qualcosa di grave e non sono riuscito a trattenerlo”. Stefano era a conoscenza anche del motivo dell’incontro nella mattina della scomparsa e cioè l’individuazione di un nuovo terreno dove costruire altre 55 villette. La Calliope aveva avuto finanziamenti regionali per 105 alloggi popolari, ma ne erano stati realizzati solo 50.
“Cronaca di una morte annunciata”, scrive l’avvocato Frazzitta, “poiché Lopez quella mattina molto presto, ha saputo dell’obiettivo di Alamia di ritornare in possesso delle quote: ‘Alamia mi disse che quel giorno avrebbe rimesso a posto le cose del cantiere ovvero si sarebbe ripreso quello che aveva dato a Maiorana”.
Lopez in effetti aggiunge di avere saputo “sia da Stefano, sia soprattutto da Antonio Maiorana che quella mattina i due avevano un appuntamento importante: si dovevano vedere con Giuseppe Di Maggio, con il quale si sarebbero dovuti incontrare da lì a poco in un terreno a Torretta. Lì Di Maggio gli avrebbe dovuto mostrare il terreno e gli avrebbe dovuto dare le carte e delle piantine su quel terreno”.
E poi c’è una macabra intercettazione. “… so figghio u fici ncaprettari”, diceva Lopez nel 2015. Come dire che a scatenare la reazione degli assassini potrebbe essere stato Stefano Maiorana. Quali interessi ruotavano attorno al nuovo cantiere? Se furono poi costruire e vendute le villette chi incassò i soldi? Karina Andrè, che ha mantenuto la titolarità delle quote, o altre persone?

La macchina e l’impronta
La Smart di Stefano Maiorana fu ritrovata nel parcheggio dell’aeroporto di Punta Raisi. Sul tappetino lato guida sono state rinvenute tracce che hanno consentito di estrarre ii genotipo riconducibile ad un individuo di sesso maschile rimasto ignoto. Innanzitutto non è stato possibile fare una comparazione con Alamia. Si è proceduto, si chiede l’avvocato Frazzitta, ad un confronto con tutte le persone emerse nel corso delle indagini?
A proposito della macchina. Non ci sono telecamere che hanno ripreso la Smart mentre raggiungeva l’aeroporto. Appena un anno fa la polizia stradale ha risposto che “si sconoscono quali fossero le ditte incaricate della manutenzione e se alla data del 3 agosto fossero funzionanti”.

Gli spostamenti di Lopez
Dario Lopez era a Cinisi la mattina della scomparsa. Il suo cellulare alle 7,52 ha agganciato la cella di via Regia Trazzera a Marina di Cinisi, vicino l’aerostazione Falcone e Borsellino. Eppure Lopez ha sempre raccontato di avere lasciato Cinisi dopo avere incontrato Maiorana nel cantiere di Isola delle Femmine, intorno alle 6. “Invero, dall’escussione a sommarie informazione rese dal Lopez, in data 31 gennaio 2013 – scrive l’avvocato Frazzitta – emerge una evidente difficoltà dello stesso a giustificare lo spostamento del suo cellulare in una zona compatibile con l’aeroporto. Infatti, Lopez non ha saputo spiegare le ragioni per cui il suo cellulare avesse agganciato la cella che copre la bretella autostradale che conduce all’aeroporto, dichiarando che, in sua assenza, il telefono mobile sarebbe stato sottratto dalla sua vigilanza e sarebbe stato riposto, sempre di nascosto, ove si trovava originariamente”.


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