Social Network: la sindrome del "like" non risparmia nessuno

Social Network: la sindrome del “like” non risparmia nessuno

"Il vero consenso deve nascere dentro sé stessi"
IL PARERE DELLA PSICOLOGA
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5 min di lettura

Oggi sempre piú soggetti (indistintamente giovani e meno giovani) mostrano veri e propri tratti esibizionistici attraverso la monopolizzazione delle proprie bacheche Social con continue esternazioni di ogni tipo.

Foto personali, foto dei luoghi in cui ci si trova e di ciò che si sta facendo, interessi, pensieri, musiche… che vengono esibiti 24ore al giorno, secondo la logica imperante dell’“always on”, in base alla quale “se non sei connesso non sei nessuno”.

Tutto questo in una società che è possibile definire “dell’immagine”, dove ciò che conta è “mostrarsi”, testimoniare in maniera ossessiva di esserci e cercare di divenire protagonisti, nel tentativo di soddisfare il proprio desiderio di “essere ammirati”.

Una vita in vetrina

É come se la vita fosse costantemente “in vetrina”: si condividono cose personali in attesa che vengano prese in considerazione ed apprezzate mentre, allo stesso tempo, si ha anche la possibilità di curiosare a propria volta nelle vite altrui.

D’altronde esibizionismo e voyeurismo sono due facce di una stessa medaglia: “ci si mostra proprio perché si sa che c’è chi guarda, e nulla si può spiare che non voglia essere spiato”.

Bisogno di approvazione

In tutto ciò, avere quanti più “spettatori virtuali” possibili è ritenuto una delle forme di successo tra le più importanti al giorno d’oggi.

L’esigenza di ottenere la “popolarità” sul Web, che si basa sul raggiungimento di quanti più “consensi” possibili, appare davvero molto forte, tanto che sempre piú soggetti arrivano persino a vere e proprie forme di “dipendenza da approvazione”, che sono un riflesso psicopatologico dell’attuale società, sempre più governata dai meccanismi legati ai Social Network.

Postare e condividere con molta frequenza dei contenuti significa avere una forte esigenza di esprimersi e di raccontarsi, esponendosi alla ricerca di una gratificazione che proviene dell’“approvazione sociale” e che mostra un intenso bisogno che gli altri prestino attenzione alla propria persona ed al proprio vissuto.

Il termometro del consenso

In queste realtà virtuali l’“approvazione” viene misurata attraverso i Like, che offrono l’opportunità di un confronto sociale chiaro e quantificabile, adeguatamente alle nuove modalità di interazione che hanno soppiantato la comunicazione faccia a faccia.

Le interazioni digitali consentono infatti un feedback “quantitativo” evidente ed immediato, a differenza della comunicazione tradizionale che è necessariamente “qualitativa” e comporta un’interpretazione soggettiva, data la considerevole presenza della componente “non verbale” (espressioni facciali, gesti e prosodia).

Sindrome del “like” e Autostima

I meccanismi innescati dalle vetrine offerte dai Social, la ricerca della popolarità online e soprattutto la mania di “collezionare” quanti più likes possibili, condizionano profondamente l’umore e possono avere un impatto negativo anche sull’Autostima.

Quest’ultima appare infatti direttamente proporzionale alla quantità di feedback positivi ricevuti, lasciando sempre più soggetti preda di condizionamenti esterni che sottolineano un’elevata fragilità strutturale, tanto da portarli ad affidare il valore di sé alla Rete.

In questi casi si è in presenza di veri e propri “meccanismi psicologici disfunzionali” che attivano curiosità incontrollabile ed irrequietezza di voler sapere a quante persone piaccia o meno una propria foto, una propria storia, un proprio post…

E, al pari di altre forme di dipendenza, intrappolano i soggetti in “comportamenti ossessivi di monitoraggio continuo” del numero e della qualità dei feedback ricevuti per i propri post e condivisioni, manifestando una forte necessità di alimentarsi dei commenti e dei likes pubblicati sui propri canali di comunicazione.

Quando viene meno questo “nutrimento” si innesca una crisi di astinenza che spesso sfocia in comportamenti ossessivi e ansiogeni.

Ricevere dunque un Like, un commento positivo, un’emoticon o una gif di apprezzamento “gratifica”, in quanto “è il consenso che fa sentire accettati e conferma che si fa parte di un gruppo”.

Il bisogno di approvazione

Anche se il Like è un concetto nuovo, esso è fortemente connesso ad un bisogno umano antico: l’uomo è un “animale sociale” ed il sentimento di connessione con gli altri è un bisogno irrinunciabile che influenza la salute psicologica di ogni soggetto.

La propensione dell’essere umano all’interazione sociale è infatti “universalmente riconosciuta” come elemento innato fondamentale per la sopravvivenza, sia fisica che psicologica.

Da ciò derivano tutta un’altra serie di bisogni tra cui quello di “appartenenza”, di “considerazione”, di “riconoscimento”, di “approvazione”, strettamente connessi tra di loro ed il cui soddisfacimento è ritenuto fondamentale per la costruzione dell’identità e per lo sviluppo della sicurezza personale.

Quando le virtù e le capacità della persona sono riconosciute e considerate in senso positivo dagli altri l’autostima, le prestazioni e relazioni (in ambito familiare, lavorativo e sociale) risultano efficacemente rafforzate.

Ecco che allora, “oggi come sempre, è innegabile l’influenza positiva del fatto che gli altri ci prestino attenzione ed apprezzino la nostra persona ed il nostro operato”, ed i Social Network possono rappresentare un valido strumento supplementare e di ausilio per il raggiungimento di tale scopo.

Il consenso deve nascere dentro sé stessi

Nel cercare l’approvazione altrui però, nella maggior parte dei casi, si tende ad evitare il rischio di fare qualcosa che potrebbe portare a non essere apprezzati, e si finisce per fare ciò che è “socialmente accettabile”, anche a scapito del proprio “vero io”, di ciò che si è o che si vorrebbe autenticamente essere.

L’esposizione di contenuti “perfetti”, spesso non del tutto reali offre un’immagine distorta ed un senso di identità alterato, che non fanno altro che amplificare e gonfiare un sè artificiale, quasi sempre creato “ad hoc”.

Ecco che allora, mai come oggi, appare necessario il recupero di una fiducia in sé stessi e nel proprio essere piú autentico che si contrapponga alla “superficialità” di ciò che si mostra, a ciò che gli altri “si aspettano” e a ciò che è “maggiormente accettabile”, mirando al raggiungimento di un’approvazione che deve trovare risposta innanzitutto dentro sè stessi.

…Solo cosí si riuscirá a rispettare la propria vera identitá, senza piú dubitare del proprio valore.

[La dott.ssa Pamela Cantarella è una Psicologa Clinica iscritta all’Ordine Regione Sicilia (n.11259-A), in formazione presso Scuola di Psicoterapia ad orientamento Sistemico-Relazionale]


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