Sono i morti, non è Halloween; è Palermo, non è Hollywood. Sono le nostre origini, è la nostra storia. Tutto ormai è come una vecchia fotografia sempre più ingiallita e dai contorni sempre più sfocati.
Le balate della Vucciria si sono asciugate, Blasco e Coroliano non dissertano più, Rosa Balisreri s’è zittita, Duca della Verdura è solo il nome di una via, l’ecce homo un suppellettile in via d’estinzione, i pupi addivintaru poco seri, le pupe hanno indossato maschere di zucca, Porta nuova è un mandamento, Porta felice un intasamento, il Cassaro è dove comincia quella gran camurria di Ztl, il Palazzo reale dove si fanno leggi e finisce il mondo, Colonna rotta non ha più il suo fiume Ruta e via d’Ossuna non ha più il suo viceré, il ponte dell’ammiraglio forse ha a che fare con qualche nave, i lattarini con le cianfrusaglie. E poi c’è il dialetto, scurrile, tascio e borgataro quanto vogliamo, ma pur sempre il nostro più profondo marchio di fabbrica, ahimè, contraffatto nel tempo da un classismo di maniera e neologismi con la 0 aperta.
La verità è che ci stiamo cancellando, ci stiamo autodistruggendo, neanche fossimo il peggior messaggio da lasciare ai nostri figli. A loro iniettiamo solo provincialismo e parvenueismo, quel sotteso strisciante discrimine di classe che ci calamita ai salotti, recingendoci come pecore imbastardite che decantano la Palermo beeeeene.
E no che non va bene. Riscopriamo il palermitano che c’è in noi, il nostro dna più genuino e trasmettiamolo ai più giovani. Perché no? Portiamo Palermo nelle scuole, la sua sua storia, le sue tradizioni, la sua lingua, le sue ricchezze. E per i morti portiamo i nostri figli al cimitero, anziché all’ennesima macabra festa. E siccome, appunto, è festa, almeno per un giorno lasciate stare hamburger, patatine e salsa barbecue, portiamoli a mangiare un bello panino con la milza e una mezza gassosa e … sì lo so, suona male: il panino con la milza, (magari maritato) vuole solo la menza azzusa, è la morte sua.
Ah, e sei poi non si vuol proprio fare a meno del dolcetto e lo scherzetto: quattro Tetù e quattro risate con un racconto su Giufà e siamo apposto…. tutto attaccato, suona meglio