PALERMO – “Come faremo a distanziare i clienti, forse posso mettere il plexiglass tra i tavoli, devo fare un sopralluogo e poi aspetto l’ingegnere per la sanificazione”. Gianluigi “Gigi” Mangia, chef e titolare del noto ristorante palermitano, si dà un gran da fare. Pensa e ripensa a quando aprirà. Vuole farsi trovare pronto. A proposito, quando aprirà?
La domanda smorza il suo entusiasmo. O meglio, lo costringe a misurarsi con una realtà che conosce benissimo e che prova ad esorcizzare facendo lavorare la mente: “Ho sentito qualche collega, anche di altre regioni. C’è chi dice il 3 maggio. È un’illusione”.
È sul dopo che Gigi Mangia si concentra, gli interessa farsi trovare pronto: “Abbiamo la necessità di un buon progetto. Dobbiamo capire cosa vogliamo fare. Ancora non sono chiare le direttive alle quali dovremmo sottoporci. Questa mattina sono in giro, ho organizzato due sopralluoghi con un ingegnere che si occupa di sanificazione e con un artigiano che fa lavori in legno e plexiglass”.
Già il plexiglass, lo stesso che una ditta modenese progetta di piazzare al mare, sulla riviera romagnola, per separare gli ombrelloni, nell’estate che verrà qualora ci sarà consentito andare in spiaggia.
La riviera romagnola è lontana, mentre il ristorante di Mangia è a due passi da noi, a Palermo. Ed è li, e non solo lì, che forse, fra non molto, una lastra trasparente di plastica potrebbe separarci dagli altri commensali: “Ci sono due tipi di problemi: la distanza sociale fra i clienti e, quello più grosso, la distanza sociale fra i miei collaboratori”.
Ma il suo ristorante come se lo immagina? “Non abbiamo tutti locali grandi, ed è un dramma. Io da 42 posti dovrei passare a 14. Di certo non c’è nulla, ma solo illazioni sulle distanze sociali. Sarebbe opportuno che chi deve decidere consulti gli esperti. Ma devono essere davvero esperti, qui mi pare che c’è gente che non ha lavato un piatto in vita sua. E poi noto una certa assenza delle associazioni di categoria forse impegnate a pensare agli aiuti economici e finanziari”.
Aiuti che servono, ma che Mangia definisce “azioni di distrazione, perché non mi preoccupo del prestito di 25 mila o dei 600 euro di bonus. Qui dobbiamo capire come riaprire, come lo risolviamo il tema della distanza sociale se poi ti devo portare una pizza al tavolo? Come si va al bar a prendere un caffè? Come faccio a spendere i 25 mila euro se non so cosa devo fare? Devo adeguare il mio ristorante, ma a quali regole? Boh. Non ne parla nessuno, ma siamo in ritardo. A Milano alcuni miei amici dicono che si riaprirà il 4 giugno. Se così fosse, non abbiamo ancora chiaro cosa dobbiamo fare”.
Gigi Mangia saluta e torna a muoversi fra le macerie. “È un disastro”, dice mentre immagina come sistemare i tavoli del suo ristorante ormai chiuso da più di un mese. La voglia non gli manca. Né a lui, né agli altri commercianti, anche quelli che sanno già che saranno gli ultimi ad aprire.