PALERMO- “Nel 2004 ospitai Provenzano, che era latitante, a casa di mia suocera. Solo dopo qualche giorno seppi l’identità dell’uomo che nascondevo e mi spaventai. Lui mi tranquillizzò dicendomi: ‘stai sereno, non mi cerca nessuno perché sono protetto dai politici e da alti funzionari dell’Arma”. Lo ha raccontato il pentito Stefano Lo Verso che sta deponendo al processo sulla trattativa Stato mafia “Io allora – ha aggiunto – volli capire se si trattava di carabinieri e lui assenti’. E aggiunse ‘meglio avere uno sbirro amico che un amico sbirro'”. Il particolare è importante per l’accusa che sostiene che i carabinieri del Ros, imputati al processo, garantirono l’impunità al boss corleonese in nome della trattativa che con lui avevano avviato Il capomafia avrebbe anche aggiunto: “Totò Cuffaro deve mantenere gli accordi”.
“Provenzano mi disse che le stragi erano state la nostra rovina e che la verità su quella stagione la sapevano solo lui, Riina e Andreotti perché gli altri due depositari della conoscenza sugli eccidi erano Salvo Lima e Vito Ciancimino, entrambi morti”. Lo ha detto il pentito Stefano Lo Verso deponendo al processo sulla trattativa Stato mafia. Il capomafia di Corleone avrebbe confidato al collaboratore, che lo nascose durante la latitanza, che Riina con le stragi doveva fare un favore a Andreotti che l’aveva garantito.
Oltre al pm Nino Di Matteo Cosa nostra aveva un conto in sospeso con i magistrati Maurizio de Lucia e Michele Prestipino. Lo rivela il pentito Stefano Lo Verso, che oggi ha deposto al processo sulla trattativa Stato-mafia in corso a Palermo. “Quando entravano nell’aula durante il nostro processo – ha raccontato il collaboratore di giustizia – passavano davanti alle gabbie in cui ci trovavamo e ci guardavano con aria di sfida e alcuni gliel’avevano giurata”. Maurizio de Lucia, per anni alla dda di Palermo, autore delle maggiori indagini sui clan e sulle estorsioni, è ora alla Dna, mentre Michele Prestipino, il pm che coordinò l’inchiesta sulla cattura del boss Bernardo Provenzano, è procuratore aggiunto a Roma.
“Il clan di Bagheria voleva eliminare il magistrato Di Matteo e l’onorevole Lumia. Di Matteo era temuto perché era il più tosto dei Pm. Poi però il progetto non fu portato a termine perché non era il momento opportuno visto che c’era un processo in corso”. Lo ha detto il pentito Stefano Lo verso rispondendo allo stesso Pm Nino Di Matteo al processo sulla trattativa Stato mafia.
“Provenzano mi disse che, dopo le stragi, Dell’Utri aveva cercato i suoi uomini, aveva preso il posto di Salvo Lima ed era diventato il loro referente”. Lo ha detto il pentito Stefano Lo Verso deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia. Il boss Corleonese, che avrebbe trascorso parte della latitanza a casa della suocera di Lo Verso, avrebbe anche aggiunto: “nel 1994 Forza Italia in Sicilia l’ho fatta votare io”.
Il boss di Villabate Nicola Mandalà, nel 2003, avrebbe rivelato a Stefano Lo Verso, uomo d’onore ora pentito, che aveva “nelle mani Marcello Dell’Utri, il socio e amico Renato Schifani e il paesano di Ciccio Pastoia, Saverio Romano”. Lo ha rivelato Lo Verso deponendo al processo sulla trattativa Stato mafia. La confidenza, Mandalà gliela avrebbe fatta in occasione di una querelle sorta in merito alla realizzazione di una chiesa. “Gli chiesi aiuto – ha aggiunto – perché i lavori non partivano e lui mi rassicurò dicendo che se la sarebbe sbrigata lui grazie alle sue conoscenze”.
(Fonte ANSA)