Sto lavorando - Live Sicilia

Sto lavorando

Posteggiatori abusivi. Lavoratori di call center. Telefonate serali. E l'ingiustizia.

Ti raggiungono al telefono in genere di sera quando, appena tornato a casa, non vedi l’ora di scambiare due chiacchiere con i tuoi familiari e cenare con loro dopo una lunga giornata di fatica. Hanno voci giovanili e suadenti i cui accenti, sebbene mimetizzati da nomi altisonanti ed esotici di ditte famose o (il più delle volte) sconosciute, ben presto rivelano la loro origine locale. E tu stai lì in attesa della loro vantaggiosissima proposta, una di quelle che non si possono rifiutare, indeciso se ascoltarli pazientemente vestendoti di quella cortesia che a te, con quell’irruzione non richiesta, non è stata usata oppure troncare subito la conversazione mettendo giù la cornetta senza neppure parlare.

Dicono che la Legge fornisca le armi a chi vuol mettersi al riparo dalle loro intrusioni attraverso la firma on-line del “Registro delle opposizioni”. Non è affatto vero perché da quando l’ho fatto non è cambiato nulla. E quando ho cercato di dichiarare la mia adesione e spiegarne il significato a chi m’importunava, le risposte sono state molteplici e comprese tra un “Mi scusi, ha ragione. Si vede che non abbiamo aggiornato il database” ed un piccato “Ah, sì. Io non conosco alcun Registro. Ma lei lo sa che io sto lavorando? Dovrei forse andare a rubare?”. Come se l’adescamento telefonico non fosse già un furto di tempo e di tranquillità.

Ecco, appunto: “Sto lavorando”. E’ di questi giorni la notizia della scoperta da parte della Guardia di Finanza di Palermo di un call center in cui 37 addetti di età compresa tra i 19 ed i 50 anni lavoravano, offrendo depuratori d’acqua agli indifesi come me dietro un compenso di 2-3 euro l’ora liquidati in nero con accredito su una carta prepagata. Il tutto senza contratto di lavoro, né relative tasse e contributi. La triste realtà scoperta nel quartiere di San Lorenzo mi riporta al film “Tutta la vita davanti” di Virzì e al suo campionario di varia umanità fatta di imprenditori avventurosi e di giovani alla disperata ricerca di una base, seppur minima, su cui sopravvivere al presente o, quale esosa pretesa, edificare un futuro.

Ancora una volta, il nefasto circolo vizioso dell’Italia che s’accapiglia sulle vicende giudiziarie di Berlusconi si chiude: con la crisi manca il lavoro, senza lavoro non c’è stipendio, senza stipendio diminuisce la domanda di beni e servizi e senza domanda non c’è produzione. Cioè: lavoro. Gli ultimi dati diffusi dall’ISTAT affermano che la disoccupazione giovanile in Italia è salita al 39,1% contro una media europea del 23,9%. Senza minimamente voler giustificare le fantasiose illegalità dell’imprenditore del call center appena chiuso, va detto che la situazione non è destinata a migliorare fino a quando il costo di un’assunzione continuerà a sopravanzare di così tanto il costo di uno stipendio.

Nell’attesa di una ripresa che ricorda il credito della salumeria di quand’ero bambino (oggi no; torni domani), guardo con malinconia e un pizzico di compatimento verso gli incursori serali nella serenità della mia casa. Due euro l’ora per prendersi cento risposte infastidite e molte parolacce. Due euro l’ora, l’equivalente di qualche “Vada avanti dottò” di un qualsiasi marsupiale dotato di fischietto e cappellino d’ordinanza che presidia con protervia ogni spazio parcheggiabile di questa città, compresi quelli a pagamento. Da metà a un quarto del metaforico e immancabile “cafè” che costui ci estorce, ché, se davvero il marsupiale se li “pigghiasse” tutti, sarebbe già sepolto sotto i dieci metri quadrati d’asfalto di sua proprietà stroncato da un’aritmia ipercinetica o dalla perforazione di un’ulcera gastrica.

 

Sono abbonato a Sky, il materasso di lattice l’ho già acquistato con grandi benefici sulla mia povera schiena, non mi azzardo a cambiare operatore telefonico ché la Telecom mi basta e avanza e ho già installato in casa il mio depuratore d’acqua. Eppure, lo giuro: la prossima volta cercherò di essere un po’ più cortese con questi lavoratori disperati dell’Italia senza lavoro. Magari dirò: “Ragazza mia, come va ? Non voglio acquistare ciò che mi proponi. Ma voglio incoraggiarti. Vedrai che prima o poi troverai un lavoro più decente e potrai smetterla di lavorare a un Call Center“. Sarei davvero molto deluso se quella, messa da parte la voce suadente, rispondesse infastidita: “Non mi faccia perdere tempo. Non vede che sto lavorando ?”.


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