MESSINA – Ha affrontato le correnti dello Stretto e i gorghi di Scilla e Cariddi, con la sola forza delle braccia, per sensibilizzare tutti sul problema dell’inquinamento del mare auspicando un mondo plastic free. È l’intento del biologo marino Carmelo Isgrò, noto perché questa estate aveva avvistato e cercato di salvare due capodogli impigliati nelle reti da pesca illegali alle Eolie, che ha affrontato stamani la traversata ‘ecologica’ dello Stretto a nuoto”.
Lo ha fatto con tanta plastica usa e getta legata al corpo come metafora del fardello che l’uomo si sta trascinando inquinando i mari. “Ben 8 milioni di tonnellate di plastica – ha spiegato – finiscono in mare ogni anno, l’80 percento di questa viene da fonti terrestri fiumi e dai torrenti. In inverno con le prime piogge questi torrenti si ingrossato e la plastica viene riversata in mare e nelle nostre spiagge. C’è stato uno studio che ha stabilito che ogni settimana noi mangiamo una quantità plastica equivalente ad una carta di credito”. Tuttavia ci sono tanti altri tipi di inquinamento, quello da plastica è solo quello più visibile a livello macroscopico, poi c’è l’inquinamento acustico legato al rumore delle barche o ai sistemi sonar, o l’inquinamento chimico”.
PESCA ILLEGALE
“Ma per me – aggiunge Isgrò – il problema maggiore è la sovra pesca, cioè noi mangiamo più della capacità dei pesci dei riprodursi. Ed in particolare il Mediterraneo è il mare considerato dalla Fao il più sovra sfruttato al mondo. Un’altra tema spinoso è difatti quello legato alla pesca illegale, noi facciamo ogni giorno battaglie contro i “muri della morte’ cioè le spadare, le reti illegali che vengono utilizzate per pescare il pesce spada. In queste reti molto spesso incappano i capodogli.
In particolare nel 2017 ci è incappato un capodoglio del quale ho recuperato lo scheletro creando poi un museo del mare.
MUSEO DEL MARE
Il MuMa si trova ora al Castello di Milazzo, ed è un viaggio spirituale per riscoprire l’armonia tra uomo e mare attraverso scienza e arte.
Non è il classico Museo del Mare ma un luogo dove la Scienza incontra l’Arte intesa nelle sue sfaccettature più ampie. Il visitatore haal suo interno un’esperienza di conoscenza grazie a video didattici interattivi, esperienze di realtà virtuale, realtà aumentata e installazioni artistiche multimediali che lo portano a prendere coscienza degli impatti antropici per un necessario cambiamento del rapporto uomo-mare”.
LA STORIA DEL CAPODOGLIO, DEL SISOPROJECT E DEL MUMA
“Il Capodoglio Siso era un giovane maschio di 10 metri-continua Isgrò -.
Nonostante gli intensi sforzi degli uomini della Guardia costiera, che lo hanno liberato parzialmente dalla rete, il Capodoglio è purtroppo morto, dopo una lenta e sofferente agonia. Il suo corpo è stato trasportato dalle correnti fino alle coste a Milazzo. In seguito l’ ho scarnificato togliendo 10 tonnellate di carne, completamente immerso nell’acqua putrida in cui era semisommerso, con la finalità di recuperare le ossa. Durante questa operazione, ho estratto dalla pancia del cetaceo molta plastica, tra cui un vaso da giardinaggio nero e diverse buste ingerite in vita dall’animale.
Proprio il giorno dopo il recupero, a causa di un grave incidente stradale con lo scooter, Francesco, uno degli amici che mi avevano aiutato è tragicamente morto. Ho deciso così, in onore all’amico perso, di battezzare il Capodoglio con il soprannome con cui veniva chiamato affettuosamente Francesco dagli amici, ovvero “Siso”. Nel museo ho esposto lo scheletro del capodoglio. E’ nato così il “Sisoproject” che ha portato un altissimo interesse scientifico e mediatico e ha attirato migliaia di turisti da tutto il mondo che visitano il museo. Sospesa in aria con dei cavi, è stata posizionata la rete illegale che ha ucciso il capodoglio e la plastica che è stata trovata nella sua pancia. L’obiettivo è sensibilizzare la gente affinché la tragedia del capodoglio Siso, possa condurre ad un momento di riflessione e crescita per tutti, adulti e bambini”.