PALERMO– Striscioni, cori e proteste all’interno delle ex fabbriche Sandron. Alla Leopolda sicula è il giorno delle vertenze. A cominciare da quella di Almaviva che solo a Palermo conta 1760 lavoratori, tutti a rischio dopo il piano di esuberi deciso dall’azienda di call center. Sul palcoscenico delle kermesse i dipendenti hanno chiesto “soluzioni concrete” in grado di fermare “quella emorragia che prende il nome di delocalizzazione”. Nel suo intervento, Gianni Giambarresi, uno dei lavoratori a rischio licenziamento, ha sottolineato l’importanza di misure normative che “scongiurino aggiudicazioni a costi inferiori rispetto a quanto previsto dai contratti nazionali di lavoro”. I lavoratori si sono detti “stanchi di ammortizzatori sociali. Noi non vogliamo assistenzialismo, il nostro è un grido di aiuto per una vertenza che rischia di mettere in ginocchio l’economia di Palermo”. Parole alle quali hanno fatto seguito le rassicurazioni di Davide Faraone. “Le vostre proposte sono già sul tavolo del governo – ha detto – e nei prossimi a Palazzo Chigi è previsto un incontro con i rappresentanti di Almaviva”.
Faraone che nel corso della Leopolda incontrerà anche i dipendenti del Cerisdi, unico istituto di alta formazione in Sicilia, in liquidazione. Ventotto i dipendenti, già da sette mesi senza stipendio, il cui destino è adesso appeso a un filo. Dipendenti che chiedono “soltanto il riconoscimento del nostro diritto, visto che c’è una legge in vigore da vent’anni, quella di istituzione dell’istituto, che però non viene applicata”, spiega David D’Aleo, responsabile dell’area progettazione. Secondo cui la ricetta per salvare il Cerisdi è semplice, e consiste nel far “rientrare l’istituto tra quelli che possono accedere ai fondi europei. Perché, sia chiaro, noi alla Regione non chiediamo un solo euro”.