"Sud dimenticato da Roma |Senza infrastrutture va a picco" - Live Sicilia

“Sud dimenticato da Roma |Senza infrastrutture va a picco”

L'ex assessore all'Economia Armao ha curato un volume sui mancati investimenti in infrastrutture nel Mezzogiorno. Al ritmo attuale degli investimenti, il meridione recupererà il gap tra quattrocento anni

Gaetano Armao
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PALERMO – Al ritmo attuale degli investimenti, al Sud basteranno solo quattrocento anni per riallinearsi con il Nord Italia. Mettetevi comodi, insomma. Il calcolo è dello Svimez e dà la cifra del gap infrastrutturale (dove per infrastrutture non si intendono solo strade e porti, ma anche scuole, università, ospedali e altro) tra il Mezzogiorno e la parte più sviluppata del Paese. Un quadro desolante, che vede la Sicilia affondare in questa ideale classifica. Tema dimenticato quello della “perequazione infrastrutturale”, cioè del tentativo di colmare il gap tra Sud e Nord come premessa per attuare un federalismo che non massacri le parti più deboli del Paese. “Il tema è sparito dal dibattito politico”, osserva Gaetano Armao, giurista ed ex assessore regionale al Bilancio, che ha curato un volume, uscito in questi giorni, che raccoglie gli atti di un convegno sul tema, che si è svolto a Palermo un paio di anni fa.

Una Sicilia che per non restare indietro è chiamata a spendere. Ma che si scontra con i limiti imposti dalle politiche d’austerity, quelle criticate proprio oggi dal presidente Napolitano al Parlamento europeo, e in particolare dal patto di stabilità. “È un sistema castrato i cui effetti sono questi – commenta Armao -. Lo Stato italiano ha abbandonato il tema della perequazione infrastrutturale, affidandola solo ai fondi europei”. “Federalismo fiscale e perequazione: l’autonomia della responsabilità” è il titolo del volume (edizioni Aracne), che raccoglie gli atti del convegno, con interventi, tra gli altri di Pietro Busetta, Daniele Franco, Adriano Giannola e Giovanni Pitruzzella.

“Volendo ricorrere ad una metafora – dice nella sua relazione Armao – si può dire che il legislatore ha affidato il cammino del federalismo a due gambe forti, la perequazione fiscale e la perequazione infrastrutturale. Ebbene, da quello che emerge dal dibattito sin qui sviluppatosi, la perequazione fiscale è appena accennata ed ancora incerta, mentre quella infrastrutturale è del tutto inesistente; appare quindi evidente che questo federalismo è più che claudicante e rischia di implodere dopo qualche passo”.

Armao denuncia il totale abbandono del Mezzogiorno da parte dello Stato e la sostanziale scomparsa della questione meridionale dal dibattito politico. “E’ emblematico – osserva – come nell’ultima legge di stabilità si preveda uno stanziamento per il periodo 2014-2020 di 54 miliardi per il Fondo di sviluppo e coesione, che va in buona parte al Mezzogiorno. Di questa somma, per il 2014 lo stanziamento è di 50 milioni. Una presa in giro inaccettabile e nessuno ne parla”.

Nell’intervento di Armao, anche un passaggio che in qualche modo anticipava quanto in questi difficili giorni sta accadendo alla Regione, alle prese con enormi difficoltà a far quadrare i conti. “È quindi divenuto ormai indifferibile – si legge – definire le trattative in corso tra lo Stato e la Regione siciliana con il coinvolgimento degli Enti Locali affinché l’equilibrio finanziario sia garantito e la Regione e i Comuni non subiscano indebite sottrazioni delle entrate agli stessi spettanti, come reiteratamente richiesto dalla Regione al Governo nazionale, trattative che dovranno contemplare anche gli interventi di perequazione infrastrutturale a partire da trasporti, sanità e scuola ed università”.

Quale via d’uscita? Anzitutto le infrastrutture, non solo per recuperare un gap ma per smuovere un’economia asfittica, in cui, osserva Armao, “sta morendo il mercato interno, uccidendo le nostre aziende, che non possono tutte esportare”. E poi “piuttosto che continuare a dividersi, bisognerebbe mettere insieme le forze per costruire un progetto di rilancio, per la Sicilia e per il Sud. Nelle condizioni in cui ci troviamo adesso, quale azienda mai vorrebbe venire a investire in Sicilia?”.

 


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