PALERMO- Il bambino che ha visto la luce, soltanto per essere abbracciato dal buio, riposa al cimitero dei Rotoli nell’ora del sonno dei morti. Ci arrivi per caso, in tempi di quasi chiusura, col portone socchiuso. Il custode è gentile: “Sono andati via tutti, la tumulazione è terminata”. “Scusi, appena il tempo di una preghiera”. C’è stata una breve cerimonia per il piccolo Pietro Zito, come abbiamo scritto tutti, che forse si sarebbe chiamato Gaetano. E’ il bimbo partorito dopo la morte della mamma Rosanna (nella foto), per un incidente, con la sua esistenza di lampo al Civico.
E’ l’ora del sonno dei morti. Nel camposanto non c’è nessuno. I cari defunti non sono ravvivati dalle parole inutili e amorevoli, dalle lacrime, dai gesti di chi non li può toccare. Dormono nel bianco e nero di un giorno di inizio autunno. Riposano, come racconta la perfetta didascalia delle foglie ingiallite, sparse sul sentiero. Il custode precede. E’ il Virgilio che ci accompagna nel Purgatorio di coloro che attendono la resurrezione di un bacio, di una carezza. Qui si viene per cercare notizie che nessuno avrà mai. I morti bevono i colori dei vivi, dei parenti, degli amici con i loro fiori. I vivi credono, debbono credere, che i morti siano solo un po’ più lontani, anche se non si lasciano abbracciare. Che in ogni frase del commiato sopravviva una specie di magia, la fiammella di un contatto.
Il custode cammina con passo sicuro. Ha in testa la mappa dei Rotoli, è il nostromo dell’ultimo viaggio. Schiva mucchietti di immondizia e cadaveri di crisantemi appassiti, a loro volta trapassati e bisognosi di una benedizione.
Ecco la tomba di Gaetano-Pietro. Comunque sia, non ci saranno diminuitivi per lui. Nessuno lo chiamerà Pieruccio o Tanino. E’ nel per sempre, nell’anagrafe che conosce il nome, il cognome e l’indirizzo, nel rito della cronaca nera. C’è la foto di mamma Rosanna, una bella ragazza, ritratta con un soffio di vento nei capelli. C’è un palloncino legato al sepolcro con una corda. Un palloncino azzurro a forma di cuore. Un venticello dispettoso e bambino ci gioca. Si scorge una parte della scritta bianca: “Angioletto”. Intorno, visi severissimi di defunti professionali, che da anni sono monumenti domestici, lapidi nell’ora del sonno dei morti. Morti abituati al ruolo dei morti. Morti che recitano alla grande da morti, col viso affilato, compunto, nelle foto ufficiali, nelle pose che un cimitero richiede.
E’ l’ora del sonno pomeridiano dei morti. In un’altra occasione ho sentito addosso una rarefazione così leggera e forte. Ero all’aeroporto e non dovevo né atterrare, né decollare. Mi godevo lo spettacolo di un’umanità affaccendata, in transito, seduto su una panca, contro un cielo dipinto che sembrava lo sfondo di un teatrino delle marionette.
Il bambino che è uscito dal buio soltanto per attraversare la luce, lo immaginiamo così. Un’anima seduta contro il cielo, con i giochi e la felicita accanto. Lasciate che i bambini vengano a me. Con dolcezza. Senza fretta. Mentre gli altri scappano. E non si voltano.