Teatro, a Catania in scena "Kristo, quadri di dubbia saggezza"

Teatro, a Catania in scena “Kristo, quadri di dubbia saggezza”

Lo spettacolo di Roberto Zappalà

CATANIA – Un uomo che si crede Cristo, un uomo che finge di essere Cristo, un povero cristo. Tutti plausibili, legittimi, connessi, inestricabili aspetti e manifestazioni di una “forma” schizofrenica che la figura del performer stratifica sulla scena come su di un antico palinsesto; con il suo corpo e la sua voce, nel suo corpo e nella sua voce. È questa la dimensione concepita da Roberto Zappalà per la sua creazione, intitolata Kristo (quadri di dubbia saggezza), in programmazione dal 16 al 18 febbraio a Scenario Pubblico Centro di rilevante interesse nazionale, che ha coprodotto lo spettacolo insieme al Teatro Stabile di Catania, in collaborazione con MilanOltre Festival e con il sostegno di Ministero della Cultura e Regione Siciliana – Assessorato del Turismo, Sport e Spettacolo.

Regia e linguaggi del corpo ma anche luci e costumi portano la firma di Roberto Zappalà. Nel lavoro precipuo rilievo assumono i testi, in gran parte una selezione di autori eccellenti: tutto a cura e con i raccordi del drammaturgo Nello Calabrò, che lavora da anni in simbiosi con Roberto Zappalà e la sua compagnia. In scena Massimo Trombetta, interprete di vivida intensità e profonda introspezione, che ha collaborato alla personale definizione del protagonista. Le “donne al seguito” sono impersonate da Benedetta Agostinis, Giulia Berretta, Andrea Rachele Bruno, Melania Caggegi, Claudia Chiti, Teresa De Angelis, Laura Finocchiaro, Vanessa Lisi, Simona Puglisi, Paola Tosto, Alessandra Verona. Musiche originali e tappeto sonoro sono stati realizzati dal giovane gruppo musicale catanese l’écume des jours.

Kristo, lo spettacolo

Kristo, reduce dal successo della tournée nazionale, viene riproposto nell’ambito del miniciclo “Perché sacrificarne uno?”, titolo allusivo che comprende anche il dramma in versi e prosa “Barabba” di Antonio Fiorentino, in scena a Scenario Pubblico il 23 marzo. Si tratta di una produzione realizzata da Teatri di Bari per la regia di Teresa Ludovico, spazio scenico e luci sono di Vincent Longuemare, nel ruolo del tutolo? Michele Schiano di Cola, chiamato ad impersonare una figura storica controversa, ma che incarna il perenne bisogno di salvezza che anima l’umanità.

Diversamente avviene in Kristo, laddove non si accenna alla più grande storia mai raccontata, per citare il titolo del film di George Stevens, né si vuole aggiungere alcuna, per quanto piccola, nota a margine all’assordante rumore audio/video che più di duemila anni hanno prodotto sull’argomento.

Il focus è qui su uomo dotato di autoironia e di dubbi, un poco smemorato e anche vanitoso, che forse soffre di un disturbo di personalità multipla. Dopo i numerosi e pluripremiati spettacoli di danza contemporanea che hanno costellato la sua prestigiosa carriera ultratrentennale, Roberto Zappalà non ha concepito questa volta una coreografia ma ha scelto la strada del teatro visivo. Un approccio che arricchisce di nuovi stimoli e significati la folta produzione del fondatore e direttore artistico di Scenario Pubblico/Compagnia Zappalà Danza.

“Quadri di dubbia saggezza”

Si propongono delle visioni fatte di immagini, suoni e parole che lasciano libera l’immaginazione e hanno come centro propulsore il corpo del performer. Un corpo che si muove, deambulando in una scena casa/appartamento/palestra, attraverso quadri scenici che si susseguono senza soluzione di continuità. Un corpo che utilizza e anche distrugge oggetti; oggetti trasfigurati nella loro quotidianità come una bici usata allo stesso modo che nella “passione vista come corsa ciclistica in salita” di Jarry. “Quadri di dubbia saggezza”, come recita il sottotitolo, nell’ironico doppio significato di saggezza che viene dal dubbio e di dubbio che questa sia saggezza.

Il Cristo immaginato dal personaggio-uomo in scena non è certo l’essere unico che ha segnato uno spartiacque nella storia dell’umanità, ma si trasforma in una moltitudine, per cui vale quello che dice Hampâté Bâ nella lingua bambara del Mali «maa ka mmaya ka ca a yere kono»: “le persone di una persona sono numerose in ogni persona”.

Alle origini del Cristianesimo, esisteva una contrapposizione tra coloro che avevano o meno conosciuto Gesù. La conoscenza kατά σάρκα (“nella carne”) – cioè attraverso il corpo, dal vivo come diremmo oggi – dava maggiore autorevolezza nelle continue dispute e lotte di potere di un Cristianesimo ancora agli albori.

“Umanità ostaggio della schizofrenia”

Il corpo, la “carne” del performer, e i testi proferiti sono la chiave di volta che regge e sospinge la creazione. L’interprete scelto da Zappalà non recita, ma reagisce; le parole sono una conseguenza di quello che il suo corpo attua in scena. Immagini e suoni accompagnati da parole che non sono (tranne in un caso) quelle dei Vangeli. Parole di autori fra i più disparati che convergono nella voce e nel corpo del performer in scena. Parole che interrogano e sconcertano, che creano cortocircuiti del linguaggio, condivisibili o meno, che non possono essere sfruttate e prostituite per alcun fine, come troppo spesso è stato fatto e si continua a fare con quelle del Cristo. Un montaggio (e smontaggio) di pensieri, citazioni, frasi, aforismi, versi, interviste. Nella messinscena si susseguono così citazioni da Kurt Vonnegut, Charles Simic, Wisława Szymborska, Stanisław Jerzy Lec, Michel Tournier, Quino, Gianfranco Ravasi, Olga Tokarczuk, Ryszard Kapuscinski, Richard Feynman, Amadou Hampâté Bâ, Leonardo Sciascia, Daniel Marguerat, Paolo Poli, Stephen Hawking, Jimmie Durham, Blake Edwards, Ron Padgett, Wystan Hugh Auden, Mario Savio, Milan Kundera, Fernand Deligny, Ernest Hemingway.

Osserva Roberto Zappalà: “Nel mio Kristo, opera che amplia il progetto Transiti Humanitatis, si cerca di sottolineare come, specie in questo momento storico, l’umanità è ostaggio di una schizofrenia galoppante che sta contribuendo alla costruzione di una società dentro la quale non riesco più a rispecchiarmi in pieno. Si sta perdendo lo sguardo reciproco, la modestia dei gesti e la quotidianità dell’incontro. La schizofrenia è il comportamento salvifico di quell’umanità che non riesce più ad afferrare un certo tipo di Mondo ormai sfuggente, opaco e inquietante. Pur con tutto ciò rimango un ottimista inguaribile”.


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