Timpa di Leucatia, il Tar dà di nuovo ragione a Dusty Immobiliare - Live Sicilia

Timpa di Leucatia, il Tar dà di nuovo ragione a Dusty Immobiliare

Ancora una volta il tribunale decide che i lavori possono riprendere.

CATANIA – Sospesa la sospensione, di nuovo. Si tratta di nuovo dei lavori per la costruzione di un immobile su Monte Paolillo, alla Timpa di Leucatia, da parte della società Dusty Immobiliare, impresa controllata dalla ditta che si occupa della raccolta dei rifiuti. Il Tribunale amministrativo di Catania, con un provvedimento datato 11 marzo, ha sospeso il provvedimento di sospensione emesso dalla direzione Urbanistica del Comune. Di nuovo.

La storia

A metà del 2021 la notizia del cantiere nell’area della Timpa è finita sui giornali dopo la denuncia del consigliere del Movimento 5 stelle Graziano Bonaccorsi e del movimento Catania bene comune. A loro si è immediatamente unita l’associazione SiciliAntica, chiedendo l’attenzione anche della procura della Repubblica su una costruzione all’interno di quella che veniva definita “un’area di interesse archeologico“. Visto il clamore mediatico suscitato dalla vicenda, il Comune era corso ai ripari e aveva ordinato la sospensione del cantiere. Da verificare c’erano, per Palazzo degli elefanti, anche “i lavori, la legittimità degli stessi, nonché la quantificazione di quelli già eseguiti”.

L’11 giugno 2021 il municipio va oltre e ingiunge la demolizione di opere ritenute abusive: presunte difformità nel tetto (realizzato a due falde, anziché a padiglione) e l’uso di acciaio e cemento anziché del legno lamellare nelle “strutture portanti della copertura”. Era poi richiesta la rinuncia all’edificazione di una seconda struttura.

Il contenzioso si sposta al Tar

Di fronte a questo, il contenzioso si sposta da Palazzo degli elefanti al Tar. Dusty Immobiliare ritiene illegittima l’ingiunzione di demolizione e fa ricorso. Per la ditta, il tetto a doppia falda era quello previsto dal progetto presentato inizialmente, mentre la scelta di usare il cemento anziché il legno sarebbe stata “una scelta architettonica estetica della proprietà”. Sull’edificazione della seconda struttura, aggiunge Dusty, la società aveva “già formalmente rinunciato alla ricostruzione” il 3 dicembre 2019.

Il botta e risposta davanti al Tar finisce a gennaio 2022, quando il tribunale annulla i decreti del Comune perché questi ultimi non sarebbero stati adeguatamente motivati. I magistrati dicono esplicitamente, però, che nulla vieta all’amministrazione pubblica di bloccare di nuovo quel cantiere: basterebbe semplicemente che riscrivessero i provvedimenti in modo corretto.

Di nuovo provvedimenti non validi

Il 10 febbraio 2022 la direzione Urbanistica del Comune manda una pec a Dusty Immobiliare con la quale comunica di nuovo la sospensione dei “lavori edili di ristrutturazione del fabbricato”. Agli amministratori della società privata si rizzano i capelli in testa: il documento del municipio sarebbe “privo di data e numero di protocollo“. Subito parte un altro ricorso al Tar, urgente, per chiedere che il provvedimento non abbia efficacia.

Il Tar risponde che, vista “la sussistenza delle condizioni di estrema gravità e urgenza“, il provvedimento può certamente essere sospeso in via cautelare, nell’attesa della “deliberazione collegiale” in tribunale. Il 10 marzo 2022 le parti vengono ascoltate. E il giorno dopo viene emessa l’ordinanza del giudice amministrativo che accoglie il ricorso di Dusty Immbiliare. “Il provvedimento di sospensione dei lavori impugnato – si legge nell’ordinanza del Tribunale amministrativo regionale – a) non risulta emesso da un dirigente o da un funzionario munito di apposita delega; b) non è corredato da una specifica contestazione dei presunti abusi edilizi in fase di accertamento”.

Questo sul metodo. Nel merito, invece, si discuterà a gennaio 2023. Nel frattempo, però, uno dei motivi che vede soccombere il Comune di Catania è un errore del tutto simile a quello per cui già aveva perso a inizio di febbraio. Il “difetto di motivazione” stigmatizzato all’inizio di quest’anno e rispetto al quale i magistrati avevano lanciato alla direzione Urbanistica una ciambella di salvataggio. Evidentemente non raccolta.


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