Trapani, processo Scrigno: "Mafioso? Solo sulla carta" - Live Sicilia

Trapani, processo “Scrigno”: “Mafioso? Solo sulla carta”

Otto imputati. Sentiti Buzzitta e Mannina

E’ ripreso oggi dinanzi al Tribunale di Trapani, presidente giudice Daniela Troja, il processo scaturito dall’operazione antimafia denominata “Scrigno” e condotta dai carabinieri nel marzo del 2019. La ripresa del dibattimento è stata segnata dalla testimonianza di due degli otto imputati. Hanno risposto alle domande dei pm Bettiol e De Leo, gli imputati Nino Buzzitta e Vito Mannina. Il primo personaggio noto alle cronache, già altre volte colpito da condanne per mafia, il suo un ruolo giudiziariamente fotografato, in rapporti sempre stretti con Cosa nostra trapanese, vicino alla famiglia mafiosa capeggiata dall’odierno ergastolano Vincenzo Virga, capo del mandamento trapanese, tanto da arrivare al ruolo di “consigliori”, vicino al “padrino”e poi dopo l’arresto di Virga senior ha assunto ancora più marcatamente questo suo ruolo, e non solo per l’anzianità di appartenenza alla mafia trapanese. Buzzitta anche nell’operazione “Scrigno” è indicato come soggetto sempre vicino ai due figli del capo del mandamento, Franco e Pietro.

Non si è sottratto alle domande del pm, ma per negare sostanzialmente le responsabilità che gli sono contestate, per la riorganizzazione di Cosa nostra trapanese dopo il ritorno in libertà dei due Virga e dell’ex consigliere comunale di Trapani, Franco Orlando. Ma alla domanda del pm De Leo sulla sua appartenenza a Cosa nostra, ha risposto con un gelido, per una parte, e ironico dall’altra parte, “solo sulla carta”. Come a voler dire che mafioso è stato dichiarato per via delle sentenze di condanna. Dopo di lui è stato sentito l’architetto Vito Mannina, ex dirigente della Motorizzazione Civile, ed ex consigliere comunale a Trapani ed ex consigliere provinciale, dapprima come esponente del Partito Socialista e poi come dirigente di Forza Italia.

Mannina è imputato di voto di scambio politico mafioso. La contestazione riguarda il sostegno elettorale che avrebbe ricercato in ambienti mafiosi, in occasione delle elezioni amministrative di Erice del 2017, e a favore della figlia Simona, poi eletta consigliere comunale. Mannina in particolare secondo l’accusa della Procura antimafia di Palermo, avrebbe avuto rapporti con Pietro Cusenza e con Franco Virga, imputati e condannati nel troncone del processo “Scrigno” che si svolge col rito abbreviato e che è arrivato già nella fase dell’appello.

Mannina, la cui accusa, in fase successiva al blitz antimafia, si è fatta ulteriormente pesante per le dichiarazioni rese da Pietro Cusenza, ha escluso rapporti diretti con Cosa nostra, ha detto di non aver ricercato sostegno in cambio di denaro, e che il passaggio di denaro con Cusenza rappresentò solo un prestito, considerata la vecchia conoscenza che li accomunava. Denaro dato da Mannina a Cusenza solo per consentirgli di pagare una successione. Prestito che lui stesso ha detto di non essere stato restituito, ma che alla fine lui ha considerato un’opera di bene e non erano soldi per pagare alcun voto. I carabinieri però lo intercettarono e lo hanno fotografato dentro al negozio gestito dai Virga, occasione nella quale lui lasciò i fac simile della figlia.

“Maledico ancora quel giorno – ha risposto – andai da Virga perché indotto dal cugino, Crispino Pace, col quale avevo rapporti e a lui avevo chiesto un aiuto elettorale. Pace mi rispose dicendo che con suo cugino avevano preso altri impegni e che mi dovevo rivolgere a lui, per questo andai da Franco Virga”.

“Virga non mi disse nulla, non furono presi impegni, a Cusenza chiesi un aiuto nella ricerca di voti nell’ambito del suo giro di amicizie”. Mannina ha poi sottolineato che l’elezione della figlia fu un caso fortuito, per una ventina di voti ottenuti frazione di Ballata. Giusto per completare la cronaca della carriera politica della figlia, ha anche detto che alle ultime elezioni,sempre per il Consiglio comunale di Erice, ha ottenuto un numero di voti ben superiore alle precedenti elezioni (è stata la prima degli eletti), “questo perché ha ben lavorato”.

Il pm De Leo ha anche chiesto a Mannina il rapporto con uno degli arrestati del blitz, e poi prosciolto, Giovanni Maltese, a proposito del rilascio di una nuova patente, priva di annotazioni. “Giovanni, col quale mi univa la militanza nel Psi, mi chiese se si poteva fare qualcosa, io mi rivolsi al maresciallo Buracci che conoscevo perché lavorava in prefettura (deceduto da qualche tempo e che fu coinvolto in una operazione antimafia ndr) lui mi disse di fargli fare la procedura di smarrimento della patente per poterne rilasciare una nuova senza annotazioni”. Il pm ha fatto osservare che si trattava di dichiarare un falso, “così mi disse di fare, si faceva così, ma io ho solo riferito cosa fare per come mi era stato detto”.


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