PALERMO – Gli ex ufficiali dell’Arma Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno hanno depositato nella cancelleria della Corte d’Assise di Palermo un’istanza di rimessione del processo sulla trattativa Stato-mafia in cui si chiede il trasferimento in altre sede del dibattimento come prevede l’articolo 45 del codice di procedura penale, che disciplina il “legittimo sospetto”.
L’istanza si può presentare in ogni stato e grado del processo. Ad esaminarla sarà la Cassazione a cui la corte d’assise la girerà. Il processo può continuare salvo che i giudici di primo grado o quelli della Suprema corte decidano di sospenderlo. La rimessione può essere chiesta quando ci siano “gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili o che possono pregiudicare la libera determinazione di chi partecipa al processo ovvero la sicurezza e l’incolumità pubblica”.
*Aggiornamento ore 15.30
Ruota principalmente attorno al rischio per l’incolumità pubblica l’istanza di trasferimento del processo sulla trattativa Stato-mafia in corso davanti alla corte d’assise di Palermo, presentata oggi da tre dei dieci imputati: gli ex ufficiali dell’Arma Mario Mori, Giuseppe Dedonno e Antonio Subranni. Nella 45 pagine depositate gli imputati evidenziano tutta una serie di elementi – dalle minacce di Toto’ Riina, agli anonimi giunti alle Procure di Palermo e Caltanissetta, a strane circostanze come l’incursione in casa del pm Roberto Tartaglia, tra i magistrati che indagano sulla trattativa – per dimostrare che lo svolgimento del dibattimento nel capoluogo creerebbe pericolo per l’incolumità pubblica.
Parla Messineo
“Si tratta di un’iniziativa processuale che sarà valutata nelle sedi opportune. Le nostre valutazioni non concordano con quelle degli imputati, ma sarà la Cassazione a decidere”. Così il procuratore di Palermo Francesco Messineo ha commentato l’istanza di trasferimento in altra sede giudiziaria del processo sulla trattativa Stato-mafia in corso a Palermo, presentata da tre degli imputati: gli ex ufficiali dell’Arma Mario Mori, Giuseppe De Donno e Antonio Subranni. Nella richiesta i carabinieri hanno sottolineato il rischio per l’incolumità pubblica, che deriverebbe da una serie di circostanze tra cui le minacce rivolte ai pm dal boss Totò Riina, come motivo per la rimessione del dibattimento.