Processo sulla trattativa Stato-mafia | Deporranno Napolitano e Grasso - Live Sicilia

Processo sulla trattativa Stato-mafia | Deporranno Napolitano e Grasso

Il presidente del Senato, Pietro Grasso, e il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano

La decisione è della Corte d'Assise, che però ha fissato dei "paletti" entro i quali la deposizione del Capo dello Stato dovrà essere contenuta. Verrà ascoltato anche il presidente del Senato.

PALERMO – Giorgio Napolitano sarà testimone nel processo sulla trattativa Stato-mafia. La Corte d’assise, seppure fissando dei paletti, dà ragione ai pubblici ministeri Vittorio Teresi, Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia. Accolta anche la richiesta di ascoltare il presidente del Senato, Pietro Grasso

Sono stati i pm a insistere sulla necessità dell’audizione del presidente della Repubblica. Un tema, in particolare, sta a cuore all’accusa: “Le preoccupazioni espresse dal suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio”. In una lettera scritta nel giugno 2012, e resa nota dal Quirinale, D’Ambrosio, poi ceduto per un infarto, temeva che gli fosse stato cucito addosso il ruolo di “ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per accordi indicibili”. Accordi che sarebbero stati siglati fra il 1989 e il 1993. Erano gli anni in cui D’Ambrosio aveva prestato servizio all’Alto commissariato per la lotta alla mafia e poi al ministero della Giustizia.

L’amarezza di D’Ambrosio nasceva dalla pubblicazione sui media delle sue conversazioni con l’ex ministro Nicola Mancino, fra gli imputati del processo. “I fatti di questi giorni mi hanno profondamente amareggiato personalmente”, scriveva. Poi ribadiva: “Come il procuratore di Palermo ha già dichiarato e come sanno anche tutte le autorità giudiziarie a qualsiasi titolo coinvolte nella gestione e nel coordinamento dei vari procedimenti sulle stragi di mafia del 1992 e 1993, non ho mai esercitato pressioni o ingerenze che, anche minimamente potessero tendere a favorire il senatore Mancino o qualsiasi altro rappresentante dello Stato comunque implicato nei processi di Palermo, Caltanissetta e Firenze”.

La lettera a Napolitano si concludeva con un riferimento a un testo scritto da D’Ambrosio su richiesta di Maria Falcone, la sorella del giudice ammazzato dalla mafia: “Non le nascondo di aver letto e riletto le audizioni all’Antimafia di protagonisti e comprimari di quel periodo di aver desiderato di tornare anche io a fare indagini”.

E saranno proprio e solo le preoccupazioni di quella lettera al centro della deposizione di Napolitano. Il paletto messo dalla Corte d’assise, presieduta da Alfredo Montalto, sta tutto qui. Al Capo dello Stato nulla potrà essere chiesto sulla sua attività di ufficio nel pieno rispetto di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale che a Napolitano aveva dato ragione nel conflitto di attribuzione sollevato nei confronti della Procura di Palermo. Il Quirinale, insomma, resterà fuori dall’audizione.

Non è tutto perché la Corte ha anche ammesso la trascrizione delle conversazioni telefoniche fra Mancino e D’Ambrosio in discutevano dell’andamento delle indagini, dell’avocazione e del coordinamento delle stesse. Successivamente il procuratore generale della Cassazione convocò il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, che non diede seguito all’ipotesi dell’avocazione. E anche Grasso, oggi presidente del Senato, sarà sentito in aula al processo sulla Trattativa per spiegare questi passaggi.


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