CATANIA – Tre zone in cui la pesca è vietata per permettere a pesci e gamberi di riprodursi sono diventate la principale preoccupazione per le marinerie di Sciacca e Licata, che proprio in quei tratti di mare andavano a gettare le reti. I pescatori annunciano proteste per proteggere l’industria della pesca, ma per alcune organizzazioni che si occupano di mare le tre zone di restrizione, istituite ai primi di luglio, dovevano essere chiuse molto tempo fa.
Al centro della polemica il nuovo regolamento dell’Unione Europea che istituisce tre Zone di restrizione di pesca nel Canale di Sicilia, una a sud di Mazara, una a est del bacino di Gela e una a est del banco di Malta. Le zone erano state raccomandate nel 2015 dalla Commissione generale della pesca del mediterraneo per salvaguardare le nurseries di gambero rosso e di nasello, due specie che per la loro importanza economica sono sotto la lente di diverse istituzioni che regolano la pesca. Il rischio infatti è di sovrapescare le specie condannandole a un eccessiva diminuzione, e per questo l’Unione Europea ha recepito le raccomandazioni della CGPM, un organismo della Fao a cui aderisce anche l’Italia, nel giugno di quest’anno. Dallo scorso 10 luglio poi il regolamento è operativo anche in Italia, grazie a una circolare del ministero per le Politiche agricole.
Questi tempi hanno sollevato lo scontento di alcune organizzazioni ambientaliste. Secondo un rapporto dell’organizzazione internazionale Oceana le raccomandazioni della Commissione per la pesca avrebbero dovuto essere operative già dal 2016 ma le autorità italiane hanno ritardato l’applicazione del protocollo attendendo il processo burocratico europeo. Questa perdita di tempo, è la tesi di Oceana, avrebbe permesso alle barche a strascico di continuare a pescare in zone di riproduzione che avrebbero dovuto essere vietate almeno dal 2016, mentre per Greenpeace, che al tema ha dedicato un altro rapporto, “Le “raccomandazioni” FAO sono carta straccia e si sono persi almeno dodici anni per dare una speranza di futuro al mare, alle sue risorse e ai pescatori”.
Secondo il rapporto di Oceana la zona a sud di Mazara del Vallo sarebbe quella in cui si concentrerebbe la maggior parte delle ore di pesca delle marinerie della costa sud siciliana. La stima è stata fatta analizzando dati pubblici sulla posizione delle barche da pesca, e a entrare di più nelle zone ristrette sarebbero soprattutto pescherecci di Sciacca e Licata, mentre le barche di Mazara sceglierebbero zone di pesca più lontane. “Siamo molto preoccupati – fa sapere una fonte dentro Oceana – perché in questo modo si è posto un precedente: se si permette all’Italia, un paese sviluppato e ricco dell’Ue, di ignorare la Commissione generale per la pesca nel mediterraneo, come si possono convincere altri partner come Libia ed Egitto a rispettare le regole?”
Di parere del tutto diverso le organizzazioni dei pescatori, che in questi giorni sono sul piede di guerra proprio contro il regolamento dell’Unione Europea che adotta le raccomandazioni della CGPM. Gli armatori della marineria di Sciacca, scesi in sit-in permanente nella zona portuale, hanno comunicato lo stato di agitazione per le zone di restrizione di pesca scrivendo che le misure dell’Ue sono “collegate all’ulteriore inasprimento dei controlli, che dopo la presenza di una nave della comunità europea vede adesso la presenza di un pattugliatore della Guardia Costiera effettuare controlli sulle imbarcazioni di Sciacca. La marineria – si legge ancora – chiede agli organi di governo di potere esercitare il proprio lavoro centenario in pace nel rispetto dell’ambiente marino ma anche nel rispetto delle proprie tradizioni di pesca e soprattutto per potere continuare la propria attività e il sostentamento delle proprie famiglie”.
Protestano anche i pescatori di Licata, che dopo una riunione avvenuta oggi con il vicesindaco della città verranno ricevuti lunedì insieme ai loro colleghi di Sciacca dal prefetto di Agrigento, “per esternare il proprio malcontento a causa del mancato riscontro, da parte dei competenti organi regionali, a quelle che erano state le richieste fatte a seguito dell’entrata in vigore del regolamento che prevede l’interdizione totale della pesca a strascico in ben tre determinate aree del Canale di Sicilia”.
La politica nel frattempo cerca di rispondere. Se l’assessore regionale alla pesca Edy Bandiera ha parlato di “situazione insostenibile” causata da “un nuovo e inaccettabile vincolo in aree in cui lo sforzo di pesca è irrisorio”, il vicepresidente vicario dell’Ars Roberto Di Mauro ha presentato un’interpellanza al presidente della Regione in cui chiede, tra le altre cose, un tavolo tecnico “finalizzato alla revisione delle restrizioni contenute nel Regolamento UE” e “iniziative volte a calmierare il costo del carburante impiegato nelle unità di pesca”. Si schiera con i pescatori anche il deputato regionale Pd Michele Catanzaro, in un comunicato in cui scrive che “il governo regionale ha il dovere di sostenere presso gli organismi competenti i diritti dei pescatori siciliani chiedendo le opportune deroghe al recente regolamento Ue che imponendo nuove restrizioni di pesca nel canale di Sicilia rischia di affossare definitivamente la marineria siciliana”.