Un governo senza politica | È la schiavitù delle pezze - Live Sicilia

Un governo senza politica | È la schiavitù delle pezze

Anche oggi la maggioranza si scioglie. È fallito il modello scelto per formare la giunta Musumeci.

Fai fatica a incontrare un deputato. Li conti: ce n’é qualcuno di Forza Italia, ci sono i fedelissimi del governatore, c’è una parte del drappello di Fdi. Siamo ben lontani dai 38 parlamentari a sostegno del governo. Per il resto, trovi l’opposizione, soprattutto, che protesta, con ottimi motivi per farlo. Tra congedi e vertici politici, infatti, la maggioranza di Musumeci si è sciolta anche stamattina, come avviene spesso ormai, di fronte a una seduta d’Aula fissata alle 11 nel corso di una conferenza dei capigruppo. Fino alle 15, non se ne parla.

Eppure, due giorni fa i partiti si erano riuniti e avevano deciso: non si può più perdere altro tempo, giovedì mattina bisogna lavorare, bisogna esaminare questi benedetti collegati dei collegati. E se c’è spazio e tempo, magari, già in questa sessione estiva, arrivare a esaminare anche qualche collegato dei collegati del collegato.

È la sessione di bilancio in Sicilia, ai tempi del governo Musumeci. Una sessione infinita, sfiancante, zoppa. E utile, forse nella mente di qualcuno, a tenere appiccicata col nastro isolante questa coalizione senza politica, questa maggioranza senza guida, questa somma di partiti indisciplinati e quasi mai contenti. Gli emendamenti che ti interessano? Li trovi nel prossimo collegato, o in quello dopo ancora, o in quello seguente. Così si prova a tener tesa la corda di una coalizione sfilacciata.

È, questa, l’immagine di un fallimento. Il fallimento di un governo orgogliosamente politico. Ma cosa c’è di politico in questo governo? Cosa resta del governo dei partiti, se i partiti poi in Aula non si fanno nemmeno trovare? E cosa resta di questo progetto se Forza Italia chiede la rimozione dell’assessore all’Economia, se Fratelli d’Italia polemizza col governatore per una frase infelice, se i Popolari puntano il dito contro il presidente dell’Ars – coordinatore del partito di maggioranza più grande – persino sulla presidenza dei concorsi all’Ars, se si sgonfia il movimento ‘Ora Sicilia’appena nato come gruppo paraleghista e presto ripudiato dalla Lega, cosa resta se un intero gruppo parlamentare come l’Udc – dopo avere concordato in Capigruppo appunto la seduta di oggi – ricorda di avere un importante vertice a Roma e non si presenta a Palazzo Reale?

Di politico non rimane nulla. Davvero nulla. E del resto, basta guardare il contenuto delle ultime due Finanziarie per vederne una immediata rappresentazione: manovre senz’anima, senza una direzione, senza un progetto. Persino le poche leggi spacciate per riforme (ad esempio quella sulla semplificazione o sul diritto allo Studio) sono poco più che dichiarazioni d’intenti, un po’ come le frasi fatte delle aspiranti Miss Italia che sognano la pace nel mondo.

Nel mezzo, l’assenza della politica. Che non potrà mai essere bilanciata dal ridondante richiamo ad atti amministrativi che rappresentano poco più che l’ordinaria amministrazione per una Regione come la Sicilia. Una Regione autonoma con enormi e diffuse competenze, che non è in grado di ritrovarsi in un parlamento e di dare una indicazione sul futuro di questa terra.

E la responsabilità, in questo caso, non può essere solo del governo, ma va distribuita tra i partiti che lo sostengono, costantemente distratti e dilaniati dall’emendamento aggiuntivo per il proprio elettorato. La responsabilità non è tutta del governo, no. Ma fino a un certo punto. Se non c’è politica, infatti, non ha senso nemmeno un governo politico. Che dopo un anno e mezzo ha dimostrato di non funzionare. E in questo caso, servirebbe un atto di coraggio, uno strappo vero, una rottura. Scegliere la libertà dai Cencelli siculi e dai ricatti d’Aula. Scegliere i migliori aggirando la selezione dei partiti, e portare in parlamento leggi migliori, lasciando a casa la calcolatrice conta-scranni. Questo servirebbe. Col rischio di fallire, certo. Col rischio di assistere a più battute d’arresto che passi avanti. Ma almeno liberandosi dalla schiavitù delle pezze. Le pezze piazzate ogni giorno sulle falle di una maggioranza senza guida, di una coalizione senza politica.


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