"Un grande che si faceva piccolo | Caro Sebastiano, eri come il mare" - Live Sicilia

“Un grande che si faceva piccolo | Caro Sebastiano, eri come il mare”

Sebastiano Tusa e Pippo Cappellano

Pippo Cappellano racconta Sebastiano Tusa e il suo amore per la vita, sopra e sotto il mare.

IL RACCONTO
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4 min di lettura

E quanti tipi di uomini, di amori, di paure e di pesci ci sono nel mare. C’è quello che sta sul bagnasciuga e tira sassi alle onde, come se potessero ritornare in forma di storie o di salvezza. C’è quello che tocca l’acqua con i piedi e si ritrae, perché teme di smarrirsi in una grandezza che non capisce. C’è quello che passeggia a riva e pensa all’orizzonte come si pensa a un rimpianto. C’è quello di profondità che il mare non lo conoscerà mai del tutto e ha l’umiltà di ammetterlo, nonostante mille viaggi, eppure non teme di provarci ancora.

Pippo Cappellano è una figura di profondità, non solo perché è un celebre subacqueo, giornalista, documentarista, incursore degli abissi, vicepresidente dell’Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche Subacquee e tanto altro, ma perché è uno che non si spaventa delle emozioni che arrivano con la risacca. Le affronta. Come affronta adesso il racconto della scomparsa del suo amico Sebastiano Tusa, ucciso, in un giorno di lutto per tanti, da una sciagura aerea.

“Una premessa – dice Pippo – mi va di condividere le emozioni, quello che provo per Sebastiano, ma è anche difficilissimo per me. Ho vissuto tante esperienze, questa è durissima”. Certe onde prendono i sassi che hai tirato e mirano, di rimando, al tuo cuore.

“Io e Sebastiano Tusa ci siamo conosciuti molto tempo fa, io da giornalista e lui da scienziato. Mi ha sempre colpito la sua voglia di divulgare, la sua sua necessità di fare conoscere, di non tenere il sapere rinchiuso in un cenacolo di pochi eletti. Per molto tempo, i subacquei sono stati guardati con sospetto dalla cultura ufficiale, come potenziali predatori o gente che si immischiava troppo. Sebastiano aveva un’apertura mentale incredibile e interagiva con tutti. Ha preso un linguaggio criptato e l’ha reso semplice, disponibile”.

E ci sono legami forti, impressi sulla sabbia, che niente può cancellare. Il mare li protegge. “Ci si può innamorare in tanti modi – continua Pippo – ti innamori degli occhi di una ragazza, dei suoi capelli, del suo profumo… Io sono diventato amico di Sebastiano perché sono stato colpito dalla sua immensa personalità. Ero umanamente innamorato del suo modo di porsi con gli altri. Un archeologo di fama mondiale, un uomo dalla cultura pazzesca che non si è mai posto sul piedistallo, pur avendo i titoli per farlo. Non ha mai additato qualcuno per umiliarlo, nemmeno il più ignorante. Spiegava con pazienza. Tornava a spiegare, se era il caso. Un professore che non ama comunicare è uno che non ha capito niente”.

I sassi sul cuore fanno male, allora Pippo si è messo a ragionare, a scrivere, a ricomporre i cocci di una frattura che riguarda diversi mondi in connessione e chiama in causa quella bellezza che i siciliani di scoglio riconoscono solo dopo una separazione definitiva: “Sì, tutti stanno piangendo Sebastiano, era impossibile avercela con lui. La sera prima di partire mi ha telefonato e mi ha detto che avrebbe mandato gli appunti sul prossimo Festival di Ustica via mail. Quella mail è arrivata e io non sono riuscito a leggerla. Ho saputo del volo, ho cercato sul web, ho telefonato, sperando che fosse una bufala… E adesso non riesco a pensare a qualcosa in cui non ci sia lui. Organizzo il futuro, gli appuntamenti e sono tutte cose con lui che dovrò vedermi da solo..”.

Pippo ha scritto un memorandum su Sebastiano Tusa per sé e per coloro che verranno: “Ammiravo la sua capacità di organizzare la ricerca mettendo insieme elementi apparentemente molto diversi: sapeva creare un modello originale senza timore di condividere le sue scoperte e i suoi obiettivi, anzi, dal confronto di idee diverse nascevano gli stimoli più interessanti. Il suo più grande successo, forse quello di cui più andava fiero, fu la scoperta del luogo esatto in cui si svolse la battaglia delle Egadi, con il ritrovamento di ben diciannove rostri nell’arco di diverse campagne di ricerca. Anche in questo caso aveva saputo confrontare una sua intuizione con le indicazioni di un altro grande subacqueo siciliano, Cecè Paladino che molti anni prima aveva trovato circa 150 ceppi d’ancora a est di Capo Grosso nelle acque dell’isola di Levanzo. Occorse un lavoro di grande pazienza, dapprima sui testi storici poi nei fondali delle isole Egadi, per arrivare alla conferma di quello che Tusa aveva intuito”.

Pippo, che persona era Sebastiano Tusa? “Un mite, ma anche uno deciso che percorreva la rotta prescelta con determinazione, senza fermarsi mai. Gli dispiaceva raccogliere i reperti e metterli in un museo. Amava renderli accessibili e visibili là dove si trovavano, per permettere alla bellezza e alla storia di respirare. Quando si immergeva, si faceva piccolo piccolo, quasi tornava bambino. Ecco, Sebastiano era grande, ma sapeva anche farsi piccolo. In questo somigliava al mare”.

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