Un omicidio ne "La città del vento": il romanzo noir di Pulejo - Live Sicilia

Un omicidio ne “La città del vento”: il romanzo noir di Pulejo

Il libro d'esordio del procuratore aggiunto di Catania sarà presentato domani.

Il covid ha allontanato le tentazioni ‘esterne’ e ha permesso a Francesco Puleio di poter completare il libro che da tanti anni teneva dentro il cassetto. Un romanzo noir in cui il procuratore aggiunto di Catania ha potuto cimentarsi nel ‘sogno’ della scrittura mettendo un po’ di quello che il suo lavoro gli ha permesso di vivere sulla ‘pelle’. “La città del vento” (edito da Navarra) comincia con un omicidio. L’omicidio dell’avvocato e politico Riccobono. 

“Il primo colpo di pistola lo raggiunse proprio alla bocca dello stomaco, facendolo stramazzare sulle ginocchia, sbigottito. Poi altri colpi, quattro, forse cinque. Genovese, impietrito dalla paura, era rimasto fermo, senza osare alzare gli occhi dal corpo di Riccobono abbandonato al suolo, povera cosa senza vita: quasi pensasse di passare così inosservato agli occhi dell’assassino, come quegli animali che si fingono morti per non essere azzannati da un cane feroce”.

Da quel momento i protagonisti – tanti, non uno – si incontreranno e si confronteranno per poter risolvere il delitto. Ma in questo cammino investigativo si inerpicano le vicende grigie di una città – chiamata S. – dove la criminalità organizzata è riuscita a stringere accordi con pezzi delle Istituzioni. E sarà compito di una squadra, ognuno con il proprio contributo, riuscire a trovare la “quadra”. In mezzo descrizioni e pitture letterarie della città in cui si muovono le azioni del romanzo. 

“Prendeva un respiro titanico, abitualmente inattingibile dalle sue modeste proporzioni la via Uzeda, principale strada di S.: un lungo rettifilo che dal mare correva in direzione della Montagna, scandito da edifici dalle facciate barocche decorate con bugnature in pietra lavica”. 

Chi vive e conosce la storia di Catania, riconoscerà percorrendo le pagine de “La Città del Vento” – che sarà presentato domani mattina al Palazzo Platamone –  un po’ della sua stessa vita. “Ma in verità – dice Francesco Puleio – potrebbe essere qualsiasi città del Sud Italia. Questo libro non è solo il frutto del grande desiderio di voler raccontare una storia, ma anche di voler lanciare allo stesso tempo un grido d’allarme e di speranza. Tutto è frutto della mia fantasia, ma naturalmente personaggi e paesaggio potrebbero suscitare nel lettore delle suggestioni”. 

Tra vento, roccia lavica e odore del mare non mancheranno i colpi di scena. Un sussulto pagina dopo pagina. Con alcuni capitoli anonimi che hanno il ruolo un po’ di fare da controcanto al racconto. “Sono dei capitoli anonimi in cui commentano personaggi, molti non sono neanche nella storia. Ma il lettore capirà”, dice Puleio. Il romanzo è ambientato alla fine degli anni Novanta. Si avvertirà la nostalgia del vecchio conio. Il finale è totalmente inaspettato. “Durante la stesura non lo ha letto nessuno. Ma alla fine della prima bozza l’ho fatto leggere ai miei figli che sono lettori assidui”, racconta Puleio. I figli sono stati “critici” con il padre. “Mi hanno dato anche qualche suggerimento”, dice il magistrato con un pizzico di orgoglio. Il progetto letterario è rimasto un segreto (“anche per scaramanzia”) per il palazzo di giustizia di Catania fino a quando Navarra editore non ha dato l’ok per la pubblicazione. “Sinceramente non sapevo se sarei riuscito. È stata anche una sfida con me stesso”, racconta. 

“Questo romanzo è stato un atto d’amore alla mia città. Il titolo non è un caso”. Guardando la copertina si nota il cognome del magistrato scritto con la j. “All’inizio è stato un refuso, ma poi ho deciso di lasciarlo così. È stato un modo per differenziare lo scrittore dal magistrato. E le devo confessare – conclude Puleio- che è una cosa che voglio rimarcare”. 


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