PALERMO – Una città divisa in sei classi a cui corrispondono precisi limiti per i suoni, siano essi musica o rumori di qualunque tipo: eccolo il piano di zonizzazione acustica, ossia una mappatura di Palermo che, sulla base della presenza di case, scuole, negozi, industrie o ospedali, tanto per fare qualche esempio, indica qual è la massima soglia raggiungibile da un suono prima di essere multati. Un atto che rischia di rappresentare una batosta per la movida, sempre che il consiglio comunale recepisca il piano prima dell’estate (in caso contrario resterà in vigore il regolamento attuale): i locali, specie in centro e in fascia costiera, saranno costretti a non produrre rumori più forti di una tranquilla conversazione o di una casa in pieno giorno e a fare più silenzio di una sveglia o di un asciugacapelli.
Il Piano, redatto dal Ciriaf di Perugia (Centro interuniversitario di ricerca sull’inquinamento da agenti fisici Mauro Felli), è un atto che il capoluogo aspetta dal 2001 e che è arrivato in piena zona Cesarini: il regolamento sulla movida, approvato dal consiglio comunale nel novembre scorso, sarebbe infatti “scaduto” l’11 maggio se entro quella data la giunta non avesse approvato il piano di zonizzazione, mandandolo a Sala delle Lapidi. Cosa che la squadra di governo del Professore ha fatto il 10 maggio, consentendo a piazza Pretoria di invarlo alle commissioni consiliari e di iscriverlo all’ordine del giorno.
In caso contrario, il regolamento sulla movida sarebbe saltato con un “liberi tutti” che avrebbe rappresentato un incubo per i residenti. Il Piano di zonizzazione, invece, prevede paletti ben precisi che adesso confluiranno nel regolamento che il consiglio dovrà affrontare al più presto: il rischio è di una vera e propria batosta per i locali notturni.
Il Ciriaf ha suddiviso l’intera città in 2.829 microaree, su base Istat, assegnando a ognuna di esse una classe su una scala di sei con precisi limiti: c’è una fascia diurna, ossia dalle sei del mattino alle dieci di sera, e una notturna. La classe I (di colore verde chiaro) è quella con i paletti più rigidi: massimo 50 decibel di giorno e 40 di notte, perché riguarda zone con ospedali, scuole, zone di svago, aree di riposo, parchi pubblici; la classe VI (viola) è la più elastica (70 decibel giorno e notte) perché comprende le zone industriali e senza abitazioni. La classe II (giallo chiaro) riporta un limite di 55 decibel il giorno e 45 la notte; la III (giallo scuro) di 60 e 50; la IV (rosso) di 65 e 55 e la V (rosa) di 70 e 60.
Una classificazione effettuata mediante parametri scientifici e tenendo conto della presenza di negozi, case, industrie ma anche densità di popolazione e traffico. Un aspetto, quest’ultimo, non secondario se si pensa che in base di dati Arpa a Palermo il traffico produce almeno 45 decibel di rumore, perfino di notte: il che vuol dire, in poche parole, che perfino una zona scarsamente abitata o con pochi negozi può far scattare una classe superiore solo per le macchine in coda.
Ma come si fa a capire a cosa corrispondono i tetti di decibel? Il fruscio delle foglie, il bisbiglio o il silenzio di una casa producono 20-25 decibel, mentre una notte in campagna arriva a 35, il che vuol dire calma e silenzio. Sui 40-50 decibel si attesta una casa di giorno, una strada non troppo trafficata o una tranquilla conversazione tra amici, mentre un ufficio rumoroso, una strada piena di auto, un ristorante o una televisione a tutto volume arriva a 60-70 decibel, che equivalgono al fastidio per una persona che potrebbe avere anche qualche difficoltà nell’ascoltare una telefonata. Una sveglia, un asciugacapelli o una autostrada vicina possono produrre 80 decibel, mentre un camion, macchinari industriali o una motosega arrivano a 90. Toccano i 100 discoteche, concerti, martelli pneumatici, betoniere, mentre arrivano a 120 sirene e clacson a meno di un metro. Il massimo si tocca con i 130, tipici di un aereo che decolla che possono addirittura provocare dolore in chi li ascolta.
La mappatura della città è assai eterogenea, ma in grandi linee quasi tutto il centro storico è di classe III, a parte alcune microzone di classe II per scuole o ospedali, il che vuol dire massimo 50 decibel di notte, ossia il rumore tipico di una tranquilla conversazione che poco ha a vedere con il rumore solitamente provocato dai locali notturni del centro storico. La fascia costiera, al netto del Cantiere Navale, è di classe II, ossia 45 decibel di notte, mentre Sferracavallo, Mondello o Arenella sono in classe III; sono di classe IV via Libertà, lo Zen, viale Strasburgo, il Cep, viale Lazio anche a causa delle strade molto trafficate come la circonvallazione. La zona Sud della città, dalla Stazione Centrale a Brancaccio, è inserita in classe IV, con la classificazione più alta (V e VI) nella zona industriale e una progressiva riduzione a classe III e II via via che ci si allontana dal centro. Classe I attorno agli ospedali Civico e Policlinico. Sono previste deroghe per l’esecuzione di lavori e per manifestazioni (massimo 70 decibel) che saranno regolamentate successivamente, ma che devono comunque fare riferimento alla normativa nazionale e regionale in materia.
Insomma, ammesso che il consiglio recepisca il nuovo Piano entro maggio, la prossima estate si prefigura come una batosta per i locali notturni. “Con questo importante piano – afferma il sindaco Leoluca Orlando – vogliamo dotare la città e le sue istituzioni di uno strumento fondamentale per poter programmare interventi in diversi settori della vita cittadina che tengano nel giusto conto il diritto alla salute, perché di inquinamento acustico e salute stiamo parlando, così come il diritto alla vivibilità; il tutto sulla base di dati certi e scientifici”. “Questo ci ripaga per gli anni spesi affinché anche Palermo si dotasse di questo strumento indispensabile per adeguarsi alle altre grandi città e per dare regole certe in fatto di intrattenimento musicale, sia agli operatori del settore che ai residenti – commenta il presidente di Vivo Civile Marcello Robotti – auspichiamo che la delibera possa in tempi brevi tornare in Aula per essere rimodulata in base alle indicazioni della zonizzazione, soprattutto in vista dell’imminente stagione estiva”.
Il Piano, richiesto dalla giunta nel lontano 2001, era divenuto una sorta di Cenerentola: definito nel 2005, è stato inviato al consiglio comunale che però lo ha lasciato in un cassetto, mentre nel frattempo sono cambiati i parametri Arpa che hanno costretto il Comune a una revisione. E’ stato nuovamente aggiornato nel 2012, sono state necessarie alcune integrazioni e infine si è arenato perché il Comune non ha finito di pagarlo, a causa di alcuni fondi ministeriali mai arrivati in Sicilia. Adesso la situazione si è sbloccata con una transazione ad hoc.
LE REAZIONI
“Il Comune era in possesso del Piano di zonizzazione da anni, ben prima che il consiglio comunale lo scorso novembre approvasse il regolamento sulla movida, tanto che gli uffici hanno chiesto delle modifiche. Un’assurdità, se si pensa che proprio la mancanza del Piano ha provocato scontri politici e polemiche, oltre a malumori fra commercianti e residenti perché previsto da una legge del 2005. Oggi finalmente Palermo se ne dota solo grazie all’intervento del consiglio comunale che dovrà modificare il regolamento movida in modo puntuale e preciso, coniugando i diritti dei residenti con le aspettative di chi fa impresa e crea lavoro, incentivando il turismo”. Lo dice il capogruppo dei Comitati Civici al consiglio comunale di Palermo Filippo Occhipinti.
“Stamattina, con procedura d’urgenza, abbiamo ricevuto in Terzo Commissione Consiliare copia della delibera con cui la Giunta comunale ha approvato lunedì scorso il piano di zonizzazione acustica, largamente incompleto e senza molti importanti dettagli, che rappresenta in pratica il regolamento per limitare l’inquinamento acustico in città. Ma, a distanza di 15 anni, questo è ormai uno strumento obsoleto”. Lo afferma Angelo Figuccia, consigliere comunale di Forza Italia, che prosegue: “Nell’ormai lontano 2001, l’allora commissario straordinario del Comune Guglielmo Serio affidò all’Università di Perugia e al loro centro di ricerca sugli agenti inquinanti acustici, il compito di stilare il piano per suddividere la città in microzone nelle quali regolare il volume dei rumori consentiti. Adesso, a distanza di ben 15 anni, dopo varie vicissitudini, tra cui anche l’apertura di un contenzioso economico con l’Università umbra per oltre 57 mila euro, il sindaco Orlando e i suoi hanno richiesto al Consiglio Comunale di approvare in fretta e furia questo piano, inviandolo a sei Commissioni Consiliari su sette, senza neanche dare il tempo ai consiglieri di leggere attentamente questo voluminoso dossier. Come se non bastasse, abbiamo chiesto ai funzionari comunali ulteriori chiarimenti, ma quasi sicuramente prima di lunedì prossimo non avremo nulla. E il giorno dopo, martedì 17, è prevista la seduta del Consiglio Comunale per discutere e votare questo atto. Perché tutta questa fretta? Perché si è perso tutto questo tempo? E, a distanza di tanti anni, questo piano corrisponde all’attuale situazione della città? Sono state fotografate le varie differenze che esistono sia nel centro storico che in periferia e nei quartieri marinari? Insomma, sembra l’ennesimo pastrocchio confezionato da Orlando e dai suoi, che, pressati dalle scadenze, approvano delibere senza capo né coda e costringendo il Consiglio a fare lo stesso. Ma sicuramente a Sala delle Lapidi avranno vita dura, a cominciare dal mio netto no”.