Una parola apparentemente intraducibile: "Scunchiurutu" - Live Sicilia

Una parola apparentemente intraducibile: “Scunchiurutu”

Cosa si può fare e cosa no, soprattutto in un sistema democratico liberale, in cui si è chiamati a governare tra un momento elettorale e l’altro, quindi dentro un tempo preciso e breve?
LO STRETTO IMMAGINARIO
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Scunchiurutu è un termine siciliano che indica una persona sconclusionata, che fa cose senza senso. Un’assenza, spesso, svelata in tempo reale, ma che altre volte ha bisogno di anni per manifestare i suoi effetti. Scunchiurutu è il “cretino di sinistra”, ma anche Leonardo Sciascia non era perfetto: aveva dimenticato che esiste anche il cretino di destra, quello di centro e finanche l’extraparlamentare.

Lo Scunchiurutu non è identificabile con una sola ideologia. Il suo problema è che ha proprio un’ideologia, variamente incardinata a qualche cosa di terreno o trascendente, che usa pedissequamente, senza varianti, senza verificare, ogni tanto, se essa sia incongrua con l’oggetto dove la applica. Le idee, ogni tanto, andrebbero fatte analizzare come si fa con la pipì.


Cosa si può fare e cosa no, soprattutto in un sistema democratico liberale, in cui si è chiamati a governare tra un momento elettorale e l’altro, quindi dentro un tempo preciso e breve? Esistono dei momenti convenzionali, in cui la ricerca di una soluzione di continuità è agevolata dallo stato delle cose, altri in cui, una soluzione di continuità, pur essendo necessaria (altrimenti si persegue la rottura dell’ordine costituito) è molto più complessa, negli strumenti sociali da utilizzare e negli esiti da perseguire. Se stiamo alle questioni di oggi, in cui tra poco s’inserirà una nuova vicenda di governo dell’Italia guidata, anche se ancora non si sa come e in quale forma, dalla Destra Politica, io mi permetto di suggerire a loro di scegliere strategicamente ciò su cui si può effettivamente influire, nel poco tempo a disposizione, separandolo da ciò che invece deve essere gestito al meglio del possibile. Una comunità evolve o involve sottotraccia, attraverso il modificarsi della sua cultura, materiale e non, intesa in senso antropologico, e non come sinonimo di erudizione di massa. E’ la cultura antropologica di una comunità a essere la leva da utilizzare o per avvalorare la direzione della storia, o per modificarla. In questo momento, l’esigenza di decretinizzare il nostro Paese, senza guardare in faccia alle idee e alle tradizioni culturali, supera ogni altra questione, e deve essere compiuta senza farsi tentare dalle logiche della sostituzione di massa e indifferenziata di una nomenclatura culturale, perché sostituire uno Scunchiuruto Progressista con un Conservatore Scunchiurutu, lascia intatto il problema.


Lo Scunchiurutu si può trovare salendo e scendendo tra le classi sociali. Non è presente in tutte. Ad esempio è difficile essere Scunchiurutu se hai la necessità di lottare per sopravvivere, chiedendo la carità a un semaforo o spaccandoti la schiena nei campi. La sopravvivenza ha questo privilegio: non si può essere degli Scunchiuruti. Un altro posto dove non può vivere uno Scunchiurutu è dove il potere e il denaro sono intrecciati come una cesta di vimini, e questo vale sia nel mondo legale sia in quello illegale. Il Potere, quello vero, quello che si vede poco in giro, non accetta tra le loro file gli Scunchiuruti.

Vi sono degli Scunchiuruti che scrivono libri, realizzano film, e vincono, rispettivamente, un Premio Strega e un Leone d’Oro. Si riconoscono subito, perché dopo, nell’andarsi a collocare, come autori, dentro un archivio ideale, dove sono depositate le opere precedenti, essi scoprono, amaramente (per confronto e senza paraventi) la propria inadeguatezza.

Di conseguenza riempiono le poltrone degli analisti (o dei confessionali delle Chiese) perché in cuor loro vorrebbero sapere il motivo di questo millantato credito. Tanti sono gli esempi, che più che un Isola, si potrebbe realizzare una trasmissione televisiva, denominata l’Arcipelago dei Famosi, oppure, più precisamente, l’Arcipelago degli Scunchiuruti. Abbiamo poeti che scrivono in una settimana più versi di Montale, Caproni e Luzi (insieme) in tutta la loro vita; psicanalisti e psicologi che individuano la presenza di una psiche, con le conseguenze che ne derivano e che essi spiegano puntualmente, anche in una lastra di Marmo di Carrara, oppure in personaggi mai esistiti, come Mosé, Cenerentola e Babbo Natale.

Abbiamo romanzieri, ormai quasi tutti ex qualche cosa (magistrati, soprattutto), che non si convincono, che non è detto che chiunque possa avere il ritmo creativo di Simenon o Camilleri, perché non basta alzarsi la mattina con un’idea in testa, lasciando poi alle mani, alla grammatica, e agli amici della politica e dell’informazione, il compito notarile di copiarla in bella copia e pubblicarla, per essere com’erano loro. Abbiamo intellettuali, oggi più comunemente promossi, a competenti, che a forza di osservare, analizzare, studiare e scrivere sulle unghie delle zampe di un elefante, non hanno mai visto la proboscide, e non immaginano il volume, il peso e il colore di quest’animale perché oltre le unghie non hanno mai spostato il loro sguardo, nemmeno all’intera zampa, che almeno, per proporzione, fa immaginare la dimensione dell’animale.


Fosse così, ma potrei anche sbagliare, la questione però non sarebbe preoccupante. Il problema vero è che oltre agli Scunchiuruti che ci riescono, ci sono quelli che vivono e aspirano a scrivere libri e fare film, senza riuscirci. Sono gli stessi, ma le contingenze non hanno premiato la loro aspirazione. Allora ci provano comunque: scrivono e pagano qualcuno che stampi i loro libri, oppure, visto che oggi è possibile, realizzano delle opere che somigliano a film e poi li immettono nei nuovi e liberi strumenti di comunicazione di massa.

Il problema, nel loro caso, è che queste opere, non vanno nello scaffale della storia dove, per paragone, si evince l’inadeguatezza che poi spinge al successivo ricorso alla poltrona dell’analista. Sono Scunchiuruti ma non hanno un momento reale che lo confermi, e quindi trasferiscono ideologie, principi, convinzioni, analisi sulla vita e sul mondo, sulla storia e il pensiero, dentro la loro esistenza quotidiana ordinaria che, alla fine, è la sola cosa che hanno. Trasferiscono un Transatlantico ideale dentro la Vasca da Bagno reale di casa. Una condizione che, nei casi fortunati, è sanata dal passare del tempo, ma che in tanti altri porta gli Scunchiuruti ad arrivare in età matura a discutere, ad esempio, intorno ad una birra, su come organizzare delle semplici ferie, utilizzando il metro di giudizio (inadeguato ma calibrato su ciò che loro avrebbero voluto essere) di Marco Polo, di Jack Kerouac o di Bruce Chatwin.

A vederli è una cosa anche commovente. Una commozione, però, che nel frequentarli si può facilmente trasformare in una sana preoccupazione, perché tanti Scunchiuruti sono una comunità; tanti Scunchiuruti trasmettono il loro malessere inconsapevole a una prole; tanti Scunchiuruti rendono vano immaginare soluzioni sociali che hanno invece la necessità di consapevolezza. Tanti Scunchiuruti, in sostanza, realizzano una realtà Scunchiuruta.

Non chiedo molto al futuro Governo, ma se potessi, chiederei di trovare un Ministro della Scuola e uno dell’Università non Scunchiuruti, che, ad esempio, sappiano fare tre passi indietro sulle cose senza senso compiute negli ultimi decenni, per ripristinare una Scuola in cui si studia e basta, e un’Università in cui ci si possa liberamente iscrivere senza nessun ostacolo, possibile e immaginabile. “Complicare è facile, semplificare è difficile. Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi. Tutti sono capaci di complicare, ma pochi, sono capaci di semplificare“

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