CATANIA. Ottanta concorsi su oltre un centinaio, banditi in passato dall’Università di Catania, sarebbero stati “sospetti” e l’impressione, per gli inquirenti della Digos, era che fossero truccati. Il nome del vincitore, in qualche modo, sarebbe stato prevedibile prima ancora che fosse esaurita la procedura. È quanto ha ricostruito, in estrema sintesi, il dirigente della Digos che ha coordinato le indagini dell’inchiesta “Università bandita”, nell’udienza che si è svolta ieri mattina. Un’udienza che è durata quasi sette ore, che tuttavia non sono bastate a ultimare la deposizione dell’investigatore.
L’udienza è bastata a esaurire l’esame del pubblico ministero Agata Vinciguerra, a cui il funzionario ha risposto dinanzi alla seconda sezione penale del Tribunale di Catania, presieduta dalla giudice Enza De Pasquale. Il controesame delle difese è in programma solo tra due settimane esatte. Rispondendo al Pm, il dirigente ha riferito sul contenuto delle indagini, sugli spunti investigativi, sugli elementi che fecero partire l’inchiesta e sulle attività svolte dall’ufficio.
Non spetta invece agli inquirenti rispondere in merito al contenuto delle intercettazioni, che poi sono l’elemento principale su cui si basa l’accusa, anche se bisognerà attendere il deposito della perizia affidata dal Tribunale ai trascrittori perché entrino nel processo. Il vicequestore ha dunque risposto sulle attività svolte, alcune delle quali, comunque, consistite in accertamenti scaturiti proprio dalle conversazioni captate.
Il processo, si ricorda, contiene entrambi i tronconi riunificati in cui era stato diviso inizialmente, tant’è che gli imputati adesso sono 54: nove provengono dal filone che vedeva indagati, tra gli altri, gli ex rettori Francesco Basile e Giacomo Pignataro, oltre a sette professori e capi dipartimento dell’Università catanese. Altri quarantacinque, invece, provengono dal secondo troncone, dove figuravano, tra gli altri, i nomi dell’ex sindaco di Catania Enzo Bianco e dell’ex procuratore di Catania Vincenzo D’Agata.