Università e concorsopoli: la battaglia di Scirè - Live Sicilia

Università e concorsopoli: la battaglia di Scirè

Il docente dell'Università di Catania che ha denunciato le irregolarità di un concorso per ricercatore

CATANIA – Aveva sperato di poter insegnare la sua materia, Storia Contemporanea, nell’Università di Catania. Più di dieci anni dopo Giambattista Scirè, ricercatore originario di Vittoria, ha preso formalmente servizio presso l’Università, ma per lui la partecipazione a quel concorso ha significato un’odissea giudiziaria fatta da migliaia di atti e sentenze e l’Università che diventava sempre più un muro di gomma, allontanandolo non solo dalla cattedra che aveva cercato di vincere, ma anche dall’insegnamento e dalla ricerca.

Il concorso

L’inizio di tutto è la selezione, nel 2011, di un professore per la cattedra di Storia contemporanea, Dipartimento di scienze umanistiche, sede di Ragusa. A vincere il concorso è un’architetta, e Scirè denuncia: quel concorso è stato truccato, la commissione ha commesso un abuso. A quel punto il professore fa ricorso al Tar, chiedendo alla magistratura amministrativa di intervenire.

La prima sentenza favorevole per Scirè è del Tar, nel 2014. La quale dà il via a una lunga sequenza di pronunciamenti dei giudici, anche penali, tutti favorevoli al ricercatore di Vittoria: il Tar e il Cga nel 2014, 2015, 2017, 2021; una sentenza penale di condanna in primo grado, nel 2019; un decreto di imputazione coatta, nel 2020; una sentenza della Corte dei conti che ha condannato i commissari a restituire i soldi del danno erariale, nel 2020.

Il muro del silenzio

Ma per anni, e nonostante le sentenze, l’Università di Catania ha fatto orecchie da mercante, affidando ad altri l’insegnamento di Storia contemporanea e tenendo fuori dai giochi Scirè. Ma com’è stato possibile che l’Università ignorasse le decisioni della magistratura? A rispondere è lo stesso Scirè: “Di solito l’Università faceva delle esecuzioni formalistiche di quello che prescrivevano i magistrati, senza dare esecuzione della sostanza. È un modo di operare che si è visto anche in altri atenei: magari si eludeva un passaggio o un aspetto della sentenza, costringendo me o qualsiasi altro ricorrente a fare altri ricorsi, aumentando le spese, allungando a dismisura i tempi, spingendoci in alcuni casi a lasciare”.

Nel frattempo la cattedra di Storia contemporanea era occupata da altri professori. L’architetta risultata vincitrice nel 2011 era stata sospesa nel 2014, quando lo stesso Scirè è stato chiamato per un breve periodo a fare il ricercatore. Ma poi a insegnare storia erano state chiamate altre persone: “Segno – dice Scirè – che in effetti c’era un’esigenza didattica per quell’insegnamento, e che dunque si poteva fare la proroga del mio periodo di ricerca del 2014”

Il cambiamento nell’Università

Gli anni di scontro con l’ateneo catanese hanno lasciato a Scirè, che ha fondato insieme ad altri ricercatori l’associazione Trasparenza e merito proprio per occuparsi di questi meccanismi nell’Università italiana, l’idea di un’Università che deve essere chiamata a rendere conto di quello che fa, e a eseguire quello che le viene prescritto dalla legge: “Ho potuto constatare che spesso nell’Università si fa un uso discrezionale delle risorse pubbliche, e che diversi atenei trovano abitualmente il modo di eludere le decisioni della magistratura. Da questo stato di cose si può uscire con un maggiore controllo da parte della comunità accademica: invece di lasciare tutto ai docenti apicali si dovrebbero coinvolgere anche i ricercatori precari, il personale tecnico e amministrativo, gli studenti. Senza pensare a un sistema in cui a una testa equivale un voto, si può spostare il sistema verso una gestione da parte di tutta la comunità”.

Un controllo che passerebbe anche attraverso un sistema meritocratico per gli stessi atenei: “Il messaggio che la politica deve dare – dice Scirè – è che la pubblica amministrazione esegue quello che le viene prescritto, e che se sbaglia viene penalizzata. Dunque se davvero ci si vuole spostare verso un’Università più trasparente e meritocratica si deve pensare a meccanismi di ripartizione dei fondi che premiano chi dà esecuzione alle indicazioni dei ministeri e della magistratura, e chi invece non lo fa. Una sorta di procedura d’infrazione, ma per gli atenei”.

Scirè in questi anni ha vissuto l’isolamento di chi va a sbattere contro un sistema consolidato, e ora dovrà riallacciare diversi fili: “Quando si svolse il concorso – racconta Scirè – aveva già fatto diverse pubblicazioni e ricerche di storia contemporanea, ma nel corso degli anni le pubblicazioni si sono sempre più diradate, anche perché ho dovuto combattere questa battaglia e studiare le dinamiche dell’Università e della sua legislazione. Spero che si crei il clima in cui riprendere a fare ricerca storica: ho già in mente, proprio sulla base delle mie esperienze e delle conoscenze che ho accumulato in questi anni, uno studio sulle dinamiche della legislazione universitaria in Italia”.


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