PALERMO – Richiesta di rinvio a giudizio per Francesco Maiolini e i vertici di Banca Nuova. L’ex direttore generale dell’istituto di credito – Maiolini non lo è più dal maggio 2012 – assieme al presidente Marino Breganze e al responsabile del coordinamento commerciale Aree, Rodolfo Pezzotti, sono indagati per usura bancaria. La richiesta di rinvio a giudizio è stata firmata il 24 aprile scorso dal procuratore aggiunto Dino Petralia e dal sostituto Claudia Ferrari.
“Non ne siamo ancora conoscenza”, spiega il legale di Maiolini, l’avvocato Lillo Fiorello. È vero, infatti, che ai difensori, a cui era stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini, deve essere ancora comunicato il giorno dell’udienza preliminare in cui il giudice deciderà se mandare o meno a processo i tre indagati. L’udienza non è stata ancora fissata.
Arriva, dunque, per la terza volta, al giro di boa l’indagine che tante polemiche ha creato nei mesi scorsi. A febbraio 2013 le prove non furono ritenute evidenti, fu negata la richiesta di giudizio immediato e assegnata una perizia per verificare se l’istituto di credito avesse tassi usurari nei confronti di due clienti. Allora il pubblico ministero era Marco Verzera, oggi in servizio a Trapani. L’inchiesta è stata al centro del cosiddetto “caso Maiolini” che costò un procedimento disciplinare al Csm e un’inchiesta penale a Caltanissetta a carico del procuratore di Palermo, Francesco Messineo. Entrambi i procedimenti sono stati archiviati. Dalle indagini erano emersi contatti fra Maiolini e Messineo che aveva fornito al primo informazione sull’indagine. L’allora direttore generale disse di avere avuto soltanto contatti “istituzionali” con il capo dei pm palermitani per fargli presente che altri procedimenti, aperti in altre Procure, erano stati archiviati. Messineo, dal canto suo, ha sempre sostenuto di avere fornito informazioni note, visto che ai funzionari indagati era già stato notificato l’avviso di garanzia.
Una prima richiesta di rinvio a giudizio era stata firmata dal pm Verzera e dall’aggiunto Agueci, ma venne poi ritirata perché i tempi non erano ancora maturi. Quindi ci fu la richiesta di giudizio immediato, respinta dal Gip. Infine l’inchiesta è stata riassegnata al pm Ferrari, dopo che Verzera è andato a Trapani, che assieme all’aggiunto Petralia ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio perché gli indagati “non impedivano, pur avendo l’obbligo giuridico di evitarlo, che fossero pretesi e applicati interessi usurari”. In particolare, i tassi avrebbero inciso rispettivamente per 5 mila euro (di cui 4 mila compensati) e 3.495 sui conti di due società.