CATANIA – I turisti passeggiano ammirando i faraglioni della frazione marinara di Aci Castello ma poi rallentano il passo quando scorgono i bouquet sul marciapiede e lo striscione attaccato alla ringhiera. Allora si fermano e chiedono cosa è successo. “Una settimana fa è stata uccisa una ragazza”, spiega un ristoratore di Acitrezza indicando la foto di Vanessa Zappalà, sorridente con le farfalle tatuate sulle braccia.
Due rose rosse
Qualcuno stamattina ha appoggiato due rose rosse in mezzo al tappeto di fiori – alcuni già secchi – che giorno dopo giorno è andato a crescere in quell’angolo di paradiso diventato “la scena del crimine”. In quei metri la 26enne è stata afferrata per i capelli da Tony Sciuto che le ha sparato almeno cinque colpi in testa. Il numero preciso non si saprà, perché non c’è stata alcuna autopsia sul corpo martoriato di Vanessa.
“La protettrice degli indifesi”
Qualcuno ha appeso un disegno. Quasi sicuramente è stato realizzato da un bimbo. Il tratto di matita è incerto, ma per questo ancora più vero e toccante. Su un enorme scoglio troneggia una donna-fiore. Accanto allo schizzo una breve poesia: “Il 23 agosto sul faraglione di Acitrezza è comparsa Vanessa, protettrice degli indifesi”.
Gli accertamenti sui telefonini
In questi giorni, i carabinieri della Sezione Investigazioni Scientifiche hanno eseguito gli accertamenti irripetibili sui telefonini della vittima e del suo carnefice. Uno dei motivi della scelta della Procura di autorizzare la copia forense della memoria dei due cellulari è quello di scoprire se Sciuto, che si è suicidato dopo aver assassinato Vanessa, avesse installato un trojan nello smartphone della sua ex per pedinarla. Una probabilità che gli investigatori hanno messo in conto visto quello di cui è stato capace di fare il 38enne nei mesi precedenti.
Gli atti processuali
Leggendo gli atti della denuncia, che hanno portato prima all’arresto in flagranza e poi al divieto di avvicinamento emesso dal gip, è possibile ricostruire l’incubo vissuto da Vanessa. Gli sputi al suo compleanno, gli insulti, il gps installato in macchina, i nascondigli in casa per spiarla, la minaccia (quasi profetica) di sparargli.
La Procura e i carabinieri non hanno quindi chiuso l’inchiesta dopo il suicidio di Tony Sciuto, ma stanno continuando a scavare per ricostruire il mosaico che ha portato al femminicidio. L’analisi di un caso potrebbe far comprendere quali azioni – investigative e processuali – poter attuare per fermare l’emorragia di sangue.