La rivoluzione delle mutande ha avuto due cause: il ’68 e l’automobile. La così detta liberalizzazione dei costumi ha reso semplificati i rapporti sessuali, la seconda ha offerto l’alternativa al letto. I vantaggi pratici? Beh, la libertà sessuale ha reso gratuito, per i maschi, il beneficio dell’amplesso e rafforzato, per le femmine, il percorso di pari opportunità; la seconda, l’automobile, sostituta del landeau (la carrozza chiusa), ha reso democratico l’approccio e ridotte le necessità geometriche. Cioè, se prima per occupare un letto occorreva poter disporre di una intera casa o almeno di una camera magari insonorizzata, con la ruffiana Fiat 500 la superficie necessaria divenne quella dei due corpi in movimento. Sociologia e geometria ne furono soddisfatte e non soltanto loro.
Il “caso di via Sciuti” ha posto un tema apparentemente nuovo. La coppia che si “scapricciava” fuori dell’abitacolo e che è stata denunziata ha fatto dibattere parecchio e non nel senso della pratica imitativa, ma in quello della discussione. Potevano farlo fuori dall’auto, per strada? Potevano non curarsi di chi vedeva? Che cosa significa, quindi, comune senso del pudore? Come giudicare chi ha chiamato la Polizia? Qual è la morale dello spettatore “pudico” e intollerante? In sintesi: la rivoluzione delle mutande deve fare i conti con qualche limite?
Il discorso si complica e richiede di spostarsi ai piani dell’osservazione dove si allarga la visuale: guardando le diverse fasce d’età, per esempio, l’analisi si fa più oggettiva e quindi più attendibile. Con una premessa: vi sono età che hanno più diritti delle altre? Ovverosia, vi sono esseri umani che valgono meno degli altri? Sarà il lettore a dare a se stesso sia questa risposta che quelle alle domande che seguono. Dunque le fasce d’età. La prima, l’età dei giovanissimi, l’età prepubere e cioè quella che non consente attività sessuale in senso proprio. E’ opportuna una educazione sessuale? E se lo è, educa al sesso apprendere l’atto sessuale vedendolo praticare come la coppia di via Sciuti? La seconda fascia d’età è quella in cui il sesso si pratica in senso proprio e nella cui parte iniziale i sensi si confondono con i sentimenti. Si tratta di una fascia ampia, una fisarmonica d’anni che si muove in base al percorso di vita dell’individuo, alla sua formazione originaria, al suo status, alla sua tipologia di maturità. Quanto egli può condividere la visione di quei due?
E senza soffermarsi a guardare, quanto, per certi versi, può accogliere la consapevolezza che sotto casa vi siano due impegnati nello “scapricciamento” en plein air? La terza fascia, quella di chi o pratica il sesso soltanto in situazioni “canoniche”, pur se un tempo ha messo a frutto anche la 500 alla Favorita o a San Martino delle scale, o non lo pratica più. Quanto può accettare il sesso praticato on the road, sotto gli occhi di chiunque si trovi a guardare?
Certo, a queste domande io ho le mie risposte, ma non mi interessa chiedervi di condividere come la penso; su un tema così legato alla sensibilità individuale sarebbe da poco. Ma un pensiero so di poterlo esprimere senza accuse di velleitarietà. Il comune senso del pudore non è quello comune soltanto ad alcuni poiché l’umanità, in un tempo e in una società individuati, merita tutta eguale considerazione. E la libertà trova da sempre un limite nel rispetto degli altri. Ma chi decide quale rispetto meriti più rispetto? Cioè, chi deve rinunziare e a vantaggio di chi? Ho una mia risposta, banale perché è il principio di tutte le libertà: dovrebbe prevalere il rispetto per la parte passiva che, spesso, è la più debole. Così torna il concetto che non vi sono esseri umani che valgono meno degli altri. Infatti se è vero che …Dio perdona a tutti, gli esseri umani hanno il dovere delle regole condivise. P.S.: Quando io andavo in 500 i giornali servivano di più.
