PALERMO – “Io non avevo motivo di inventarmi le cose. Parlavo con il dottor Arnaldo La Barbera. Facevamo conversazioni lunghe, nelle quali mi sono state indicate delle soluzioni, ma non è vero niente”. Lo dice l’ex collaboratore di Giustizia, Vincenzo Scarantino, piccolo spacciatore del quartiere Guadagna a Palermo, che parla in un’intervista rilasciata a Servizio pubblico e riportata oggi su “Il fatto quotidiano”. Scarantino aveva raccontato di aver partecipato alla strage di via D’Amelio a Palermo il 19 luglio ’92 in cui vennero uccisi Paolo Borsellino, cinque agenti della polizia di Stato tra cui Emanuela Loi, la prima agente donna ad essere assassinata in servizio. Il falso pentito aveva detto di aver rubato al Fiat 126 poi imbottita di tritolo accusando 11 persone, tra cui alcuni mafiosi, di aver partecipato alla strage. Oggi spiega: “Volevo scappare da Pianosa perché mi stavano facendo morire”
Dopo le varie ritrattazioni di Scarantino e la comparsa sulla scena giudiziaria del collaboratore Gaspare Spatuzza i condannati (sette all’ergastolo) sono stati liberati e sono in attesa del processo di revisione. Il pentito spiega di aver mentito per lasciare il carcere di Pianosa: ”Mi hanno portato in una località protetta dove hanno messo dei poliziotti a darmi una mano. Mi aiutavano a imparare tutto quello che c’era scritto…per ripetere, per sistemare. Poi avevano paura che qualcuno mi poteva convincere a dire la verità, magari altri poliziotti. La sera prima di andare a testimoniare mi leggevano tutto e io dovevo memorizzare tutto quello che sentivo”. Secondo Scarantino, quando nel ’95 decide di ritrattare le false accuse, subisce l’ira di alcuni poliziotti: “Lo vengono a sapere questi uomini del gruppo Falcone e Borsellino e dopo la telefonata la Tg di Italia Uno, quando sono tornato a casa vedo uno di loro, il dottore Bo che parlava con le mani in faccia a mia moglie… Io sono subito intervenuto e lui è impazzito ha cominciato a dare cazzotti, calci in mezzo alle gambe. Intanto arriva l’altro suo collega, Giuseppe Di Ganci, mi acchiappa per il collo e mi mette la pistola in bocca davanti ai bambini e a mia moglie”.