Segregate in casa a Palermo| Salvate mamma e bimba - Live Sicilia

Segregate in casa a Palermo| Salvate mamma e bimba

L'incubo di una donna nigeriana che è riuscita a chiedere aiuto con le foto del suo volto tumefatto

Blitz della polizia
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PALERMO – Sequestro di persona, maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate dalla presenza di una minore. Sono le accuse nei confronti di Eugene Nwafor, un 32enne nigeriano fermato dalla polizia dopo una vera e propria corsa contro il tempo che ha portato alla luce l’ennesimo caso di violenza nei confronti di una donna a Palermo. La vittima è stata rintracciata e messa in salvo ieri mattina, dopo una segnalazione arrivata alla sala operativa: la donna aveva raccontato di essere segregata in un’abitazione nella zona di via Oreto insieme alla sua bambina di un anno.

Fino a poco tempo fa era stata ospitata in un centro accoglienza per mamme con figli minori del Sud Italia, strappata ad un passato di sfruttamento della prostituzione, ma si era poi fatta convincere dal convivente, un connazionale, a seguirlo in città riponendo in quell’uomo la speranza di un riscatto sociale e di vita, in realtà mai concretizzata. E proprio insieme a lui, sarebbe cominciato l’incubo: nei mesi scorsi aveva subito maltrattamenti fisici e verbali sempre alla presenza della figlia minore, ma mai denunciati. I vicini di casa hanno raccontato di aver sentito in diverse occasioni le urla, i pianti della donna e della figlioletta.

Il culmine della dolorosa vicenda è stato raggiunto dopo l’ennesimo litigio per futili motivi. La donna è stata colpita con calci e pugni dall’uomo che con un coltello l’ha pure minacciata: se avesse avvertito la polizia lui si sarebbe vendicato. Quest’ultimo le aveva inoltre sequestrato una scheda telefonica e l’aveva rinchiusa in casa con la piccola, non permettendole di avere contatti con l’esterno in alcun modo. La donna era però riuscita a procurarsi un altro cellulare, grazie al quale è riuscita a lanciare l’allarme: ha così inviato due sms all’operatore del centro in cui era stata ospite, insieme alle foto che ritraevano la violenza.

A parlare chiaro sono stati i selfie del suo volto pieno di lividi e una maglia sporca di sangue. L’assistente sociale ha così chiamato la polizia e la sezione Criminalità Straniera e Prostituzione della squadra mobile ha avviato le ricerche per rintracciare l’appartamento in cui la donna si trovava. E’ partita una frenetica attività di perlustrazione in diversi immobili dove i poliziotti erano a conoscenza della presenza di extracomunitari, ma trovare l’abitazione non è stato semplice. In una vera e propria lotta contro il tempo, approfittando dell’assenza dell’uomo, i poliziotti sono rimasti in contatto telefonicamente con la vittima, cercando di tranquillizzarla e di farle eseguire la procedura di localizzazione del suo apparecchio cellulare, in modo da inviare via whatsapp la sua posizione.

Strategia che ha funzionato e che ha permesso agli agenti di individuare l’appartamento: “Entrati all’interno dello stabile – spiega la polizia – era evidente il totale isolamento della donna, la cui casa si trovava al pian terreno, con la porta d’ingresso serrata a chiave dall’esterno e l’unica apertura di una finestra coperta da inferriate che si affacciava ad un cortile interno allo stabile, quindi completamente lontana dalla strada principale”. A questo punto è stato necessario l’intervento dei vigili del fuoco che hanno sfondato la porta d’ingresso, così da consentire agli investigatori l’accesso. La casa era completamente a soqquadro, la donna e la bambina sotto choc e in lacrime, hanno abbracciato i poliziotti che le hanno messe in salvo.

Entrambe sono state trasferite al pronto soccorso, mentre gli investigatori della sezione Criminalità Straniera e Prostituzione si sono nascosti all’esterno e all’interno del palazzo, in attesa del rientro del convivente. Dopo circa un’ora, l’uomo più volte arrestato per detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, è arrivato nei pressi dell’immobile e, una volta entrato all’interno del cortile dello stabile è stato bloccato dagli agenti. L’appartamento è così stato passato al setaccio ed è stato trovato il coltello poco prima utilizzato per minacciare la donna, mentre Eugene Nwafor è stato rinchiuso al Pagliarelli. Alla donna, intanto, i medici hanno diagnosticato ecchimosi e ferite al volto guaribili in dieci giorni. Il suo incubo è finito: è stata lei stessa a chiedere il trasferimento in una struttura protetta per donne vittime di violenza. 


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