Vetrine vuote e degrado: via Roma, viaggio nella desolazione - Live Sicilia

Via Roma: vetrine vuote, degrado| Viaggio nel simbolo della crisi

Foto di repertorio
L'arteria del centro storico soffre, fra lo sconforto di residenti ed esercenti e il caso Rinascente

PALERMO – Via Roma e il centro storico sono feriti ma nessuno ferma l’emorragia. Gli ultimi dati di Confcommercio Palermo non lasciano scampo: lungo l’arteria del capoluogo siciliano si contano 138 vetrine di attività commerciali ‘spente’, a cui se ne aggiungono altre 41 di istituti bancari ormai chiusi. Lo sconforto parte dai numeri e attraversa tutto il tessuto sociale della zona, dai residenti agli esercenti, senza risparmiare neanche un big del commercio nazionale come il gruppo Rinascente che vede sempre più ridotta a un lume la possibilità di restare a Palermo.

I residenti inascoltati

Chi vive nella desolata via Roma non si sente più al sicuro da mesi, ma ora comincia anche a perdere la speranza che qualcuno trovi un rimedio. Lo racconta Liboria Di Baudo, membro del Comitato centro storico: “Via Roma peggiora sempre di più e i cittadini si demotivano per l’assenza di risultati – dice –. La situazione degenera a vista d’occhio, continuano a chiudere i negozi, vediamo che qualche fratello immigrato ne apre qualcuno ma non è sufficiente a rianimare la zona. Intanto aumentano i senzatetto che si accampano sui marciapiedi, e aumenta anche la spazzatura abbandonata ovunque. Insomma tutti noi, che in via Roma ci abitiamo, non possiamo che constatare il decadimento di questo pezzo di città”.

Di Baudo ricorda con amarezza che “il comitato aveva scritto e consegnato all’amministrazione comunale un elenco di proposte riguardanti movida, commercio, parcheggi e tanto altro, ma di fatto la politica non ha mai dato risultati. Allora una parte di noi ha deciso di occuparsi di cose concrete e pratiche, per esempio rimuovendo autonomamente le varie discariche a cielo aperto nel centro storico. Un piccolo contributo attivo che però da solo non può certo salvare via Roma”.

Le paure di chi resta

“Un dramma che si somma a un altro dramma – commenta Francesco Carnevale, titolare del ristorante Balata e presidente dell’Associazione via Roma –. Turisti con il contagocce, quasi tutti gli uffici in smart working, spese continue: molti di noi aprono per spirito di servizio. In più gli aiuti nazionali previsti dal Decreto liquidità sono ancora fermi, mentre a livello regionale il ‘click day’ del Bonus Sicilia (125 milioni di euro a fondo perduto per le microimprese, ndr) non è stato esattamente la risposta che ci aspettavamo. I due mesi che ci aspettano poi sono storicamente difficili, e fino a prova contraria novembre coinciderà anche con la fine della cassa integrazione e il sanguinoso sblocco dei licenziamenti.

“Tenendo presente tutto ciò – aggiunge Carnevale – dice mettetevi nella testa di un commerciante di via Roma che ha difficoltà a pagare gli stipendi, che ancora si ritrova arretrati risalenti al lockdown, che non trova accordi al ribasso coi proprietari degli immobili, che non ha garanzie bancarie. Chiudere non è un’opzione così assurda, anzi spesso è l’unica per rimanere nella legalità. È molto dura, e le attività di chi resta sono più che mai l’ultimo appiglio per questo centro storico”. Ecco perché secondo Carnevale “bisognerebbe quasi premiare chi va avanti, non lasciarlo solo, altrimenti non arriveremo nemmeno a marzo. Parlo della politica ma anche del potere enorme del consumatore: si può ancora decidere di supportare una realtà che anche in tempi di Covid si sta dimostrando sicura e responsabile. Come titolare di un ristorante sto tenendo duro ma molti altri non ce la fanno, e l’elenco è lungo”.

Un contesto che porta anche la politica a interrogarsi sul futuro. “Via Roma è ormai diventata un vero e proprio cimitero commerciale – sostiene Igor Gelarda, capogruppo della Lega al Comune di Palermo –. Una crisi economica globale aggravata dall’incapacità di questa amministrazione comunale di un progetto di rilancio della città. Come Lega chiediamo immediatamente l’istituzione di un tavolo di crisi – rilancia – proprio su via Roma e vie adiacenti, formato da rappresentanze di commercianti, associazioni ma anche residenti”.

Il caso Rinascente

Un canone d’affitto troppo alto, nessun accordo per rimodularlo, oltre duecento famiglie col fiato sospeso: la Rinascente di Palermo è ancora appesa un filo e nei primi di novembre le sue vetrine potrebbero aggiungersi a quelle vuote contate in via Roma da Confcommercio. Il gruppo infatti ha già manifestato l’impossibilità di pagare i due milioni 400 mila euro di canone annuo che fino al mese scorso era tenuto a corrispondere a Fabrica Immobiliare, società che gestisce l’edificio per l’ente previdenziale di ingegneri e architetti Inarcassa. Nonostante scioperi e manifestazioni appoggiati da tutta la città e un recente incontro fra i dipendenti e l’arcivescovo Corrado Lorefice, finora nulla è cambiato.

“Succede in tutta Italia”

Per qualcun altro, quello di via Roma è un destino già scritto da tempo e accomuna diversi centri storici italiani. È il caso di Salvatore Longo, vicepresidente nazionale del Movimento imprese ospitalità e titolare del ristorante Salmoriglio, il quale osserva che“si sono avverate diverse previsioni fatte subito dopo il lockdown. Vero, gli enti locali non si muovono, ma non può dipendere tutto da loro: da vicepresidente di un’associazione nazionale seguo diversi canali e posso dire che tanti centri storici sono abbandonati”. La sua constatazione è che “via Roma è stata resa un luogo in cui non conviene più nessun investimento, non c’è nessun interesse commerciale, e in cui piove sul bagnato con una Ztl per molti versi giusta ma reinserita in un momento sbagliato”.

“Quanto alle posizioni di Comune e Regione – prosegue Longo – noi esercenti accusiamo danni su danni: continuano i controlli rivolti a noi e non all’utenza finale, quei cittadini che da mercoledì scorso dovrebbero stare con la mascherina sempre e comunque in tutta la Sicilia ma continuano a riversarsi fuori dai nostri locali senza indossarla. Però poi a dover chiudere siamo noi. Sembra quasi che il problema si riduca tutto al commerciante – conclude – quando invece manca un serio ragionamento alla base: prima di trasformare qualcosa in legge chiedersi quali sono le conseguenze, senza guardare solo alle cause scatenanti”.


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