Più che una corsia preferenziale era un’autostrada. Le pratiche del fotovoltaico targate Vitrano-Bonomo-Ingrassia hanno viaggiato spedite. Il sì è arrivato in un tempo decisamente inferiore rispetto ad una media di oltre tre anni per tutte le altre autorizzazioni. La velocità dei passaggi burocratici verrebbe oggi confermata dalle indagini della sezione reati contro la pubblica amministrazione della Squadra mobile e da quelle interne volute dall’assessore regionale all’Energia, Giosuè Marino. Quest’ultimo ha messo nero su bianco le sue perplessità e ha chiesto un confronto con i magistrati. Magistrati che presto sentiranno anche Francesca Marcenò fino a poco tempo fa al vertice del Servizio II dell’assessorato all’Industria, settore Risorse minerarie ed energetiche.
C’è qualcosa che non quadra. Andiamo per ordine. La Enerplus srl ha ottenuto tre concessioni per altrettanti impianti fotovoltaici. A Roccamena l’autorizzazione è stata chiesta il 6 novembre 2008 e rilasciata il 21 ottobre 2010. Meno di due anni con in mezzo un ricorso al Tar e al Cga; meno di un anno per quella di Francofonte: 24 ottobre 2008 – 1 ottobre 2009; ancora meno a Monreale (10 mesi): 6 novembre 2008 – 25 settembre 2009. Le altre due autorizzazioni passate ai raggi x dai magistrati Maurizio Agnello e Sergio Demontis riguardano la società Green che ha ottenuto due autorizzazione a Carlentini: contrada Pedagaggi (chiesta il 29 dicembre 2008 e rilasciata il 6 dicembre 2010) e contrada Pancali (chiesta il 2 aprile 2009 e ottenuta il 17 dicembre 2010).
Gaspare Vitrano, Mario Bonomo e Piergiorgio Ingrassia avevano intuito quanto redditizio potesse essere il business del fotovoltaico. L’ingegnere, che ha patteggiato una condanna a due anni, pena sospesa, ci metteva le competenze tecniche e i due deputati, secondo l’accusa, la capacità di fare viaggiare spedite le pratiche. Questa la ricostruzione degli investigatori culminata nell’arresto per concussione di Vitrano, sorpreso mentre incassava una mazzetta dall’imprenditore Giovanni Correro: Bonomo, allora deputato dell’Api di Rutelli e oggi in Aps, propone a Vitrano, poi espulso dal Pd, di mettersi in affari nel fotovoltaico. E Vitrano coinvolge Ingrassia. Nasce la Green srl con sede legale in viale Croce Rossa a Palermo. La presenza di Ingrassia nell’elenco dei soci è ufficiale, quella dei due deputati è nascosta. Si manifesterebbe nella presenza di quattro uomini di fiducia. Due per ciascun politico. Nella società, infatti, figurano Giuseppe Lo Gerfo e Angela Cerniglia, entrambi di Misilmeri. Il paese di Gaspare Vitrano. E ci sono pure i siracusani Letizia Mudò e Marco Sammatrice. Quest’ultimo è parente di Bonomo. L’obiettivo era ottenere la licenze per poche migliaia di euro e rivenderle a suon di milioni di euro. Meccanismo già applicato, invece, con la Enerplus.
Questa è ufficialmente l’azienda di famiglia di Ingrassia. Bonomo e Vitrano non c’entrano nulla. Solo all’apparenza, però. Lo stesso Vitrano dice infatti che lui e Bonomo ne erano soci di fatto, tanto da avere versato una parte dei soldi per la costituzione. La Enerplus, creata nel 2008, è titolare dell’impianto fotovoltaico di Roccamena rivenduto per sei milioni di euro ad un gruppo spagnolo a fronte di un investimento iniziale da poche decine di migliaia di euro. E i sei milioni di euro dove sono finiti? Secondo Ingrassia, il denaro è stato versato in un conto svizzero per non incappare in controlli. Ed è in corso una rogatoria internazionale per scovare i soldi. Dei sei milioni, il 10%, sempre secondo l’ingegnere, sarebbe andato a Vitrano. I seicentomila euro per il politico sarebbero stati prelevati a Lugano. Lo stesso Vitrano ha ammesso, durante gli interrogatori, di essere a conoscenza del conto svizzero dove aveva versato i proventi di alcuni investimenti. Vitrano ha anche aggiunto che all’inizio Ingrassia gli chiese di potere incassare anche la parte dei soldi del politico. Si doveva sposare e il denaro gli serviva per comprare casa. “Sono vittima di un sistema che mi stava stritolando”, ha detto l’ingegnere. E il deputato ha rispedito le accuse al mittente. Attraverso i suoi legali, gli avvocati Vincenzo Lo Re e Francesco Riggio, ha rilanciato: ma se era socio con Ingrassia perché mai avrebbe dovuto estorcergli del denaro?
In tutta questa vicenda si innesta la storia della mazzetta da diecimila euro che Vitrano avrebbe incassato dall’imprenditore Giovanni Correro. Da qui l’accusa di concussione. Ingrassia confermò il suo ruolo da intermediario tra l’imprenditore, che lavorava a Roccamena e Francofonte e il deputato del Pd che si sarebbe “interessato” per far viaggiare più velocemente le pratiche burocratiche degli impianti. E qui inizia un altro capitolo delle indagini. In particolare, Ingrassia ha sostenuto che la Marcenò, ligia al dovere, era invisa a Bonomo e Vitrano che si erano messi in testa di farla trasferire. Come mai, nonostante questa avversità, le pratiche hanno viaggiato spedite. E non solo. Sembrerebbe che le autorizzazioni presentino una serie di irregolarità: le mancate nomine del responsabile del progetto e della comunicazione dell’inizio dei lavori, e non corretta convocazione della conferenza di servizio.