Tra la scure del Commissario Aronica e le firme per tenere in vita la Gesip, ha fatto capolino la data delle prossime elezioni regionali. Una notizia attesa da mesi, inseguita, profetizzata, scongiurata per lungo tempo. E ieri quasi ignorata, tra le esigenze di un bilancio da rifare e quelle di una “rivoluzione cittadina” da evitare a tutti i costi.
Il 21 ottobre. O il 28. Sono queste le ipotesi più credibili in vista delle elezioni anticipate. Elezioni confermate dallo stesso governatore, che è andato oltre la vicenda giudiziaria: “Si andrà a elezioni per motivi politici”, ha detto. E si andrà al voto ad autunno. Anche nel caso in cui, fino ad allora, non sarà giunta alcuna notizia dal Gup o dal giudice, in vista di una richiesta da parte del governatore del rito abbreviato, ipotesi che appare sempre più probabile.
Ora, Statuto alla mano, se verrà confermata la data che tra i corridoi dell’Ars sembra quasi certa, le dimissioni del governatore arriveranno alla fine di luglio. Lo Statuto della Regione siciliana, infatti, prevede, in caso di dimissioni del presidente, le nuove elezioni entro novanta giorni. E le dimissioni, come detto, avranno una motivazione puramente “strategica”. L’udienza preliminare prevista tra due settimane, infatti, sembra finita sullo sfondo. “Mi dimetterò per motivi politici”. Di convenienza politica, come ha spiegato senza remore lo stesso presidente. “L’incrocio tra le elezioni regionali e quelle nazionali – ha precisato infatti anche ieri in Aula – non converrebbe al nostro partito. Le alleanze di Roma finirebbero per influenzare quelle siciliane”. In soldoni, la possibilità che i due poli possano ricompattarsi, in vista delle politiche, attorno a una “restaurazione” del vecchio centrodestra (magari sotto il vessillo del Partito popolare italiano, novità in qualche modo preannunciata da Angelino Alfano) e, dall’altra parte, col tentativo di ricostituire l’alleanza immortalata nella “foto di Vasto” (il Pd insieme a Italia dei valori e Sel), potrebbe finire per “schiacciare” il movimento autonomista di Lombardo.
Ma l’idea di Lombardo, che sarebbe arrivata dopo un dialogo fitto con gli alleati, in realtà, sta causando nuove frizioni tra quelle stesse forze che condividono col presidente l’avventura dell’ultimo governo. Se Antonello Cracolici, infatti, ha accolto “con grande apprezzamento” le parole di Raffaele Lombardo, specificando che bisognerà eliminare “l’effetto logoramento, unico nemico in grado di sconfiggere un progetto vincente come quello dell’alleanza alle elezioni tra riformisti e autonomisti”, una puntualizzazione molto interessante è arrivata da Giusepe Lupo: “Andare alle elezioni anticipate per evitare di proporre le stesse alleanze di Roma? Sono d’accordo sulla necessità di andare al voto – ha detto il (tutt’ora) segretario del Pd – del resto, lo chiediamo da diversi mesi. Ma è bene chiarire che le alleanze dovranno riproporre esattamente la conformazione di quelle nazionali”.
Insomma, a Roma, nei prossimi mesi, si parlerà molto siciliano. Anche perché, in realtà, le elezioni anticipate che sembrano ormai certe, potrebbero saltare nel caso in cui il governo nazionale decidesse di indire le politiche prima della normale scadenza della legislatura. “In quel caso – ha detto Lombardo nei giorni scorsi – converrà posticipare le elezioni regionali”. Un’ipotesi, però, che non pare così concreta, considerate, appunto, le posizioni degli alleati in sintonia con Lupo, ma anche il riferimento al rischio-logoramento avanzato da Cracolici. “Non si può andare avanti così per un anno”, ha ribadito il capogruppo del Pd.
Così, tutto fa pensare che la data del 21 ottobre possa essere davvero quella giusta. Gradita dai tanti deputati in carica e aspiranti alla carica, che si augurano si possa andare alle elezioni con un’Assemblea a novanta deputati. Finora, la legge di riforma costituzionale dello Statuto, è ferma alla prima lettura al Senato. Dopo la lettura alla Camera (che potrebbe arrivare non prima di fine maggio), la norma potrà tornare in parlamento solo dopo tre mesi. Nella migliore delle ipotesi, a settembre. Ma non è escluso che l’approvazione arrivi alla fine dell’anno. Quando ci sarà già un nuovo governo e una nuova Assemblea. E il solito numero di deputati: novanta.