Voto tra luci e ombre per il Pd |Ora la resa dei conti - Live Sicilia

Voto tra luci e ombre per il Pd |Ora la resa dei conti

I democratici ottengono successi ma anche delusioni, come a Gela. E si apre un caso relativo ai rapporti con Pdr e Sicilia democratica. Cardinale: “Sbaglia chi vuole escludere”. E Raciti apre alla collaborazione con gli alfaniani.

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PALERMO – I numeri di Gela già basterebbero a rovinare la festa. Il candidato del Pd, a casa di Rosario Crocetta, prende meno voti dell’uomo del Movimento 5 Stelle. Quei grillini che il governatore aveva immaginato nei suoi piani di inizio legislatura come possibili partner della rivoluzione, si candidano adesso a dare un grosso dispiacere al secondo turno, puntando a una clamorosa vittoria in trasferta. I fischi per il governatore in campagna elettorale erano forse stati un preludio. Ma il mezzo disastro di Gela per il Pd siciliano è solo un pezzo di una performance che al di là dei consueti proclami mostra luci ma anche ombre.

Se i democratici infatti hanno raccolto diversi successi nei centri più piccoli, dove la classe dirigente, tra vecchia “ditta” e volti nuovi è da sempre il punto forte del partito, nei centri più grandi, lì dove serve la politica, quella di respiro regionale, la musica è stata un po’ diversa. E non senza stonature. Il Pd ha portato a casa un solo successo a primo turno, ad Agrigento, dove è confluito all’ultimo momento sul candidato dell’Udc, dopo le primarie delle polemiche vinte da Alessi. Ma se ad Agrigento ha funzionato il “modello Firetto” su cui ora insiste il leader dei centristi Gianpiero D’Alia, ossia il patto tra Pd e moderati (Ncd incluso), altrove qualcosa è andato storto. Dentro e soprattutto fuori il Pd, cioè nel rapporto tra i democratici e i satelliti della maggioranza. Che laddove s’è presentata in ordine sparso, ha pagato un conto salato. A Marsala, ad esempio, contro il partito si sono schierati i Drs di Totò Cardinale e Sicilia democratica, il movimento fondato da Lino Leanza, oltre all’Udc guidata sul territorio dal capogruppo Mimmo Turano. La conseguenza? Niente vittoria a primo turno per il candidato dei democratici, a Marsala davvero per una manciata di voti malgrado l’ottimo risultato, e ballottaggio “fratricida” con il centrista Massimo Grillo.

La spaccatura con i cespugli ha creato molti mal di pancia nel partito. Non c’è stato solo il caso Marsala. I Drs in particolare sono andati contro il Pd anche altrove, collezionando in questa tornata elettorale anche qualche dispiacere come la sconfitta del proprio candidato a Mussomeli, “casa” di Cardinale. “Qualcuno ha provato a sostituirsi al Pd e ha perso”, commenta laconico Fausto Raciti, che si dice soddisfatto per il successo del suo partito ma ammette che c’è un caso politico nei rapporti tra il Pd e i suoi alleati. Anche il capogruppo all’Ars Baldo Gucciardi ha battuto ieri sullo stesso doloroso tasto: “Il netto insuccesso a Marsala di alcune delle forze politiche alleate del Pd a livello regionale – ha detto -, sottolinea non soltanto la loro netta sconfitta politica, ma anche un percorso poco coerente e incomprensibile che impone una riflessione profonda e urgente nella coalizione che sostiene il governo regionale”.

Serve un chiarimento “subito dopo il ballottaggio”, insiste Gucciardi. Che osserva come Udc, Democratici riformisti e Sicilia democratica a Marsala abbiano scommesso contro il Pd, “dopo che il Pd aveva celebrato primarie con grande partecipazione”.

Totò Cardinale, fondatore del Pdr, respinge al mittente le accuse: “Abbiamo ottenuto ottimi risultati nel Messinese, nel Palermitano, abbiamo portato Lo Piccolo al ballottaggio a Carini, ad Agrigento la nostra lista ha preso più voti del Partito democratico. E sia chiaro, dove siamo andati separati è perché abbiamo chiesto di collaborare col Pd e non ci è stata data la possibilità”.

Necessario un chiarimento in maggioranza? “Sì, io apprezzo le aperture al chiarimento – non si tira indietro Cardinale -, per spiegare che è un errore dire che c’è gente che a Roma sta col Pd e a Palermo no. Chi lavora per allargare al centro l’area del Pd non lavora contro il Pd. Semmai lavora contro il Pd chi fa chiusure pregiudiziali”, rilancia l’ex ministro. Che riprende l’idea di un cammino comune con Sicilia democratica: “Questo nostro risultato sarà dedicato a Lino Leanza, un amico che ho perduto nel momento in cui si parlava di una possibile federazione”.

Insomma, dopo il ballottaggio ci sarà di che discutere nella coalizione che sostiene il governo di Rosario Crocetta. “Deve venir fuori l’idea degasperiana di un partito che non si chiude, che non esclude e delegittima, come è successo invece nei nostri confronti – insiste Cardinale -. Anche perché poi, se guardiamo ad Agrigento, dove Raciti immagina di avere vinto… Con chi? Con un uomo di centrodestra che aveva in maggioranza Di Mauro, il Pid e altri”.

Anche Giuseppe Lupo in casa dem si sofferma sullo strappo con gli alleati, parlando di omissioni. “E’ stato un errore non riunire le forze politiche che sostengono la giunta Crocetta prima della presentazione delle liste per stringere un accordo che avrebbe consentito ai nostri candidati di vincere al primo turno. E toccava al Pd farlo. In molti casi – aggiunge il vicepresidente dell’Ars – sarebbe bastato fare le primarie di coalizione. Queste divisioni tra alleati di governo sui territori indeboliscono ‘azione di governo”.

Raciti dal canto suo tiene il punto. E insiste sullo schema adottato dal Pd nei confronti di Articolo 4: chi si proclama del Pd stia dentro o fuori. Quanto agli inviti di D’Alia a parlare di “modello Firetto”, il segretario del Pd non chiude, tutt’altro: “Non so se ci saranno conseguenze a livello parlamentare o di governo, ma di certo dopo le elezioni si potrà aprire un confronto con i moderati per il futuro”. E quindi anche con gli alfaniani, all’opposizione in Sicilia e in maggioranza con Renzi a Roma.

Fin qui i problemi “di vicinato” del Pd. Ci sono poi quelli tutti interni al partito. Come a Gela, dove Fasulo, entrato da poco nell’orbita di Faraone, è rimasto molto indietro rispetto alle sue liste, spalancando la porta a un possibile, clamoroso successo dei grillini al ballottaggio. Flop anche per l’altro candidato di centrosinistra ad Augusta, dove le divisioni interne al Pd sono state fatali e il partito non arriva nemmeno al ballottaggio. Le faide tra democratici o ex hanno pesato anche a Barcellona (anche qui il Pd è fuori dal ballottaggio) e a Enna, dove Mirello Crisafulli non l’ha spuntata al primo turno, frenato anche dal risultato del candidato sostenuto dagli ex Margherita.

Insomma, per il Pd le urne siciliane hanno avuto un sapore dolceamaro. E se il centrodestra è rimasto per lo più alla finestra, i 5 Stelle hanno dato invece segnali di vivacità, in una competizione come quella per le comunali in cui in passato i grillini arrancavano. È da quella direzione che i democratici si aspettano arrivi il vero rivale per le prossime regionali. E rischiare di ripetere il copione di Gela in quel caso sarebbe un suicidio.

 


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