L'estorsione “contesa” al ristoratore | Zarcone svela le dinamiche del pizzo - Live Sicilia

L’estorsione “contesa” al ristoratore | Zarcone svela le dinamiche del pizzo

Antonino Zarcone

Il pentito del clan di Villabate ricostruisce la storia di un commerciante della provincia al centro degli interessi dei clan di Palermo Centro e Bagheria. E alla fine pagò 12 mila euro.

Mafia - i verbali
di
4 min di lettura

PALERMO – La conoscenza personale contava più della competenza territoriale per imporre il pizzo. Almeno così è accaduto nella fase in cui i clan di Palermo Centro e Bagheria sono andati a braccetto. Una fase che viene oggi ricostruita dal collaboratore di giustizia Antonino Zarcone.

È lui, nel processo per le estorsioni messe a segno da una sfilza di imputati, a raccontare il caso di un ristoratore di Altavilla Milicia che alla fine ha scelto di denunciare i suoi estorsori. “Allora, questa estorsione ha inizio che tramite Paolo Liga – mette a verbale il pentito di Villabate, rispondendo alla domande del giudice per l’udienza preliminare Wilma Mazzara e del pubblico ministero Francesca Mazzocco – un giorno stavamo parlando, di cui c’era questo soggetto che aveva aperto questo ristorante già da un bel po’ di tempo e di vedere se poteva essere contattato, di cui sempre Pietro Liga mi dice che conosce direttamente… e si sarebbe occupato lui direttamente”.

A quel punto entrò in gioco un personaggio palermitano: “Mi incontro dopo un bel po’ di tempo con Daniele Lauria… reggente Palermo centro. E, parlando, mi sono informato di questo… se era un personaggio di lui… di sua conoscenza e mi ha detto che… dice di sì, anche perché l’avevano nelle mani loro. Nelle mani loro significa che già loro… pagava delle estorsioni su Palermo. Dice: Eventualmente me ne posso occupare direttamente io personalmente”.

La faccenda non filò liscia: “Dopo non so quanto tempo mi rincontro di nuovo con Daniele Lauria dicendomi… dice: ‘Ascolta, è stato contattato… ma guarda che già ha dato qualcosa’… su Bagheria”. Qualcuno, dunque, della famiglia mafiosa di Bagheria era andato dal ristoratore a chiedergli la messa a posto, senza che nessuno lo avesse autorizzato: “Dopodiché sempre Daniele mi comunica che questo soggetto veniva individuato come Pietro. Dopodiché io così chiamo subito a Pietro Liga (anche lui è stato coinvolto in un blitz antimafia ndr), ci dissi: ‘Pietro, scusa, ma sei andato…’, dice: ‘Sì, ci sono stato, però niente di particolare, stiamo vedendo, ho…’, ci dissi: ‘Non è così perché io so che Palermo mi dice che già ha dato qualcosa… ti ha dato qualcosa di soldi’, dice: ‘No, è una cosa personale’, mi riferiva Pietro Liga, ‘perché lo conosco, è stata una cosa personale’, ci dissi: ‘Va beh, da questo momento in poi non ti occupare più di questa situazione… me la sbrigo direttamente io con Palermo, con le persone interessate’”.

Che vengono individuati in altri due boss già finiti in cella: “… di cui questa situazione poi Daniele sempre la fa seguire da Paolo Suleman. Paolo Suleman sarebbe uomo d’onore della famiglia di Corso Calatafimi, di cui era sottoposto a Michele Armando (sbaglia il cognome, ma il collaboratore starebbe parlando di Michele Armanno, anziano boss tornato in cella dopo avere scontato una lunga pena ndr), che era reggente di Corso Calatafimi. Dopo un bel po’ di tempo questa situazione… sempre non si riusciva neanche a sbloccare questa estorsione, anche perché se anche il prezzo era stato pattuito direttamente da Daniela Lauria, ci dissi: ‘Daniele, eventualmente fai tu, non c’è problema, decidi tu cosa deve pagare…’, e di cui avevamo deciso 10 mila euro, doveva consegnare 10 mila euro per gli anni precedenti e 5 mila euro l’anno… “.

Ed ecco la nuova regola del pizzo, la cui riscossione non rispondeva più alla logica divisione della divisione territoriale: “… l’attività era ad Altavilla Milicia, però in quel periodo gli accordi che erano stati fatti che ogni… diciamo, ogni territorio, anche se noi avevamo degli esponenti che stavano costruendo o c’erano dei lavori, ed erano fuori Bagheria, se ne occupava chi era di territorio. O la stessa cosa, esempio, se Bagheria c’era qualche costruttore che si trovava a Palermo, era Bagheria a interessarsi per mettere a posto l’estorsione sul Palermo”.

Anche con i palermitani non fu di facile risoluzione: “ E dopodiché ci sono stati anche altri discorsi perché Paolo Suleman non portava queste somme di denaro, spiegando che queste somme di denaro aveva pagato forse altre estorsioni, non so che cosa aveva pagato… avevano in conteggio, di cui avevano dato degli assegni postdatati, questi assegni dice che ancora non venivano pagati… non di meno, dopodiché questa situazione io l’ho passata direttamente a Franco Lombardo, con Suleman, e se ne sono occupati direttamente loro. I soldi sono arrivati… 8 mila e 4 mila, 12 mila euro”.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI