Pronti, via, si riparte. Si è aperto il processo d’appello al senatore Totò Cuffaro, ex presidente della Regione siciliana e senatore dell’Udc, all’imprenditore della sanità privata Michele Aiello e ad altri 11 imputati: ex investigatori, medici e professionisti. Il procedimento venne denominato “Talpe alla Dda”, a causa della rete di spionaggio realizzata, in Procura, attraverso la quale gli indagati riuscivano ad attingere notizie riservate sulle indagini in corso, fra queste quelle per la ricerca dei boss Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro.
Il processo si apre davanti ai giudici della terza sezione della Corte d’appello di Palermo, presieduta da Giancarlo Trizzino. Cuffaro venne condannato dal tribunale a 5 anni per favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio. Aiello, indicato come il prestanome di Provenzano in campo sanitario, aveva avuto 14 anni per associazione mafiosa.
La sentenza di primo grado (con l’aggiunta della famosa foto sui cannoli) portò Cuffaro – sospeso dalla carica dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – a dimettersi. La procura ha fatto appello solo per le posizioni di Cuffaro, Aiello e dell’ex maresciallo dei carabinieri Giorgio Riolo, condannato a 7 anni per favoreggiamento, accesso abusivo al sistema informatico della Procura, rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio, corruzione e interferenze illecite nella vita privata altrui.
Alla prima udienza presente in aula Aiello c’è, Cuffaro è assente. Nella relazione il giudice Ignazio Pardo ha parlato dell’intreccio che ci sarebbe stato tra esponenti delle istituzioni, carabinieri, politici e l’imprenditore Aiello, considerato dall’accusa l’interfaccia di Bernardo Provenzano. L’accusa in aula è rappresentata di procuratori generali Enza Sabatino e Daniela Giglio.
Non mi pare che fosse stato sospeso.
Dal Sole 24ore dell’epoca. «Il decreto di accertamento della sospensione nei confronti del presidente della regione siciliana firmato dal presidente del Consiglio Romano Prodi su proposta dei ministri dell’Interno e degli Affari regionali è un atto dovuto in adempimento dell’articolo 15 della legge 55/90. Le dimissioni di Cuffaro non risultavano atto sufficiente a interrompere un procedimento previsto dalla normativa vigente in mancanza del quale si sarebbe potuto ipotizzare anche un’omissione da parte dello stesso presidente del Consiglio».
Puglisi faccia attenzione: il decreto ha sospeso Cuffaro da deputato dell’Ars ma si era già dimesso da presidente dell’Ars (non è stato sospeso dalla presidenza).
Attenzione per attenzione: Cuffaro non era presidente dell’Ars. Fu sospeso da presidente della Regione. Le allego un altro pezzo del “Giornale”.
“Le dimissioni presentate da Totò Cuffaro cinque giorni fa non bastano e Romano Prodi lo sospende da presidente della Regione Sicilia, dopo la condanna del 18 gennaio a 5 anni per favoreggiamento e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici nel processo per le “talpe” alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Per Palazzo Chigi è un «atto dovuto» che non ha motivazioni politiche, ma applica la legge che sospende gli amministratori condannati, anche in primo grado, per il reato che riguarda Cuffaro”.
Pardon; lapsus calami. Allora attenzione per attenzione per attenzione anche il suo collega del “Giornale” non tiene conto del fatto che la legge 55 del 1990 è stata abrogata per ciò di cui stiamo parlando dal d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Non le sembra strano che un soggetto dimesso venga sospeso? Perché è così complicato ammettere un errore e correggerlo?
Mi pare che abbiamo ricostruito attentamente le reciproche perplessità. Saluti affettuosi.