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Ma la politica è un’altra cosa

Soffiano raffiche di giustificata rabbia contro i potenti che, invece di amministrare comuni e province, enti e Regione per creare opportunità di sviluppo, si sono insediati all’interno delle istituzioni rosicchiando tutto come topi affamati

Da "I Love Sicilia"
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Soffiano raffiche di giustificata rabbia contro i potenti che, invece di amministrare comuni e province, enti e Regione per creare opportunità di sviluppo, si sono insediati all’interno delle istituzioni rosicchiando tutto come topi affamati. Ma la rivolta annunciata con le “Cinque giornate della Sicilia”, con gli esagitati richiami a “un nuovo Vespro”, con lo sbandierare di una terminologia durissima come i nomi dei gruppi nascenti, dal “Movimento dei forconi” a “Forza d’urto”, rischia di alimentare anche un cupio dissolvi da cui dovremmo salvare l’idea e l’ideale della politica.

Perché già s’avverte quanto trapeli nelle manifestazioni di piazza, ai posti di blocco, attorno ai falò di questa stagione che rischia di produrre scontri sempre più duri, il bisogno di soluzioni forti, rapide, certe, capaci di far piazza pulita dei politicanti. Intendendo così tutti gli inquilini dei Palazzi. Senza distinzioni. Quasi che proprio nessuno dei 90 deputati dell’Assemblea regionale o dei mille per Parlamento e, così per i rami dei consigli provinciali o comunali a scendere, si possa salvare dal giudizio di un popolo pronto all’assalto.

Avevamo cominciato con le “Forchette rotte” e non si capiva se erano davvero solo ragazzi indignados o arraggiati che si voglia. E siamo arrivati ai Forconi col dubbio di infiltrazioni, non solo da parte di gruppi di estrema destra ma perfino di componenti criminali portate a soffiare sul fuoco, chissà, magari pensando di alimentare il malcontento meridionale e di approfittarne per disegni devastanti. Una preoccupazione che s’insinua fra tradizionali organizzazioni di lotta di artigiani e commercianti, un po’ spiazzate dagli eventi, come succede a Confindustria, al suo presidente Ivan Lo Bello, pronto a redarguire il governatore Lombardo per la leggerezza di aver dato una sorta di viatico a Forconi e dintorni solidarizzando nell’incipit di uno scontro peraltro sintonizzato su uno slogan che dello stesso Lombardo chiedeva le dimissioni.

Un quadro confuso e contorto che deve fare riflettere chi sta attorno a quei falò e i ragazzi che tutto vorrebbero farvi ardere dentro. Con uno sgomento determinato dalla percezione di vivere in un mondo a democrazia ridotta, insidiata dai topi di cui abbiamo parlato. Quindi, può risultare salutare la scossa, purché si ragioni su un punto essenziale. Eccolo: non c’è altro sistema migliore dai tempi dell’antica Grecia di una amministrazione della cosa pubblica retta non da un uomo, da un gruppo, un partito unico, bensì da una democrazia che ovviamente prevede, come sua essenza stessa, la possibilità di discutere fra i tanti e di decidere a maggioranza, sempre lasciando il diritto di parola e di controllo alla minoranza. Regole basilari saltate spesso per inciuci, ribaltoni, passaggi di casacche, imposture che hanno finito per trasformarsi nel cancro della democrazia.

Questo per dire che ci vuole una ventata di cambiamento reale. Ma, al di là del fatto che qualche marpione possa infiltrarsi in sani movimenti spontanei, bisogna ricordare ai ragazzi che non sanno quanto accadde nel 1922 quando, a quattro anni dalla fine del primo conflitto mondiale, i giovani come loro, anche allora furiosi contro corruzione, profittatori, una vita da fame (e molto andava peggio!), si lasciarono allettare dal miraggio della Marcia, senza sapere che cosa li avrebbe aspettati nel ventennio futuro.

Noi un altro recente ventennio lo abbiamo già avuto (anche in questo caso, per carità, senza confronti, altra storia, seppure anch’essa tragicomica). Ma a furia di invocare un indistinto tutti a casa, tutti ladroni, tutti la stessa cosa, con lo stesso tono di un secolo fa, rischiamo che prima o poi s’accenda una chimera populista nel Paese di Masaniello e di Lauro, di Berlusconi e di Orlando. E aggiungo quest’ultima coppia, quest’ultimo nome perché non dimentichino i giovani in questa capitale del Vespro come Palermo riuscì incredibilmente nel giro di tre mesi a regalare il 75 per cento dei voti prima a Orlando sindaco e poi al Cavaliere premier.

Ondate che non sanno di scelta matura. Per questo va recuperata l’idea e l’ideale della politica. Con tutta la passione che dentro bisogna metterci. Ma i richiami a forca o forconi fanno acidità alla democrazia.


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